Sull’equo compenso negli appalti pubblici: i ribassi occulti legittimano l’esclusione

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III, 3 luglio 2025, n. 5741 – Sebbene la legge n. 49/2023 sull’equo compenso non si applica direttamente alle gare pubbliche, la stazione appaltante può comunque, con apposite clausole nel bando, limitare o vietare il ribasso sul compenso professionale per garantire l’equo compenso ai professionisti. Pertanto, nel caso di specie, è corretta la valutazione negativa della commissione in sede di verifica di anomalia dell’offerta economica, perché il giustificativo dell’offerente dimostra che i costi che dovevano restare fissi (come compensi professionali e oneri di sicurezza) sono stati “spostati” tra le voci ribassabili, realizzando così un ribasso occulto, compromettendo la congruità e l’affidabilità dell’offerta. In breve, azzerare le voci ribassabili non può ridurre di fatto il compenso professionale che il bando prevede come incomprimibile, pena la nullità della valutazione dell’offerta.

N. 05741/2025REG.PROV.COLL.

N. 09421/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9421 del 2024, proposto dal R.T.I. Engi.S. Engineering Service s.r.l. – Gruppo s.p.a. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B0D357CEDD, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Staniscia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

SM Architetti s.r.l. in proprio e quale mandataria capogruppo del R.T.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Salvatore Menditto, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Conca D’Oro, n. 285,
il R.T.I. European Engineering Consorzio Stabile di Ingegneria e il R.T.I. Sertec Engineering Consulting s.r.l., non costituiti in giudizio;

nei confronti

Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Eupro s.r.l. quale mandataria del raggruppamento, La Sia s.p.a. quale mandataria del raggruppamento, Lenzi Consultant S.r.l. quale mandataria del raggruppamento, 3ti Progetti Italia s.r.l. quale mandataria del raggruppamento, G.E. Granda Engineering s.r.l. quale mandataria del raggruppamento, Gruppo s.p.a. quale mandataria del raggruppamento, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 20274/2024, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana e di SM Architetti s.r.l. in proprio e quale mandataria capogruppo R.T.I.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 10 aprile 2025, il Cons. Angelo Roberto Cerroni e uditi per le parti gli avvocati come in atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. – Con ricorso proposto dinanzi al Tar Lazio la SM Architetti s.r.l., in proprio e quale mandataria/capogruppo del RTI partecipante alla gara per cui è causa (d’ora innanzi il raggruppamento SM), ha impugnato tutti gli atti, provvedimenti e operazioni concernenti la procedura indetta dall’Istituto Zooprofilattico del Lazio e della Toscana “M. Aleandri” (CUP B87B23000280005 – CIG B0D357CEDD), per “l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica finalizzato alla demolizione e ricostruzione del capannone recentemente acquisito alla Sede di Roma dell’Istituto Zooprofilattico del Lazio e della Toscana “M. Aleandri”, con specifico riferimento agli atti e/o alle parti in cui è stata disposta l’aggiudicazione in favore del R.T.I. Engi.S. Engineering Services s.r.l. – Gruppo s.p.a. s.r.l. (d’ora innanzi il raggruppamento Engi.S. o l’appellante).

In particolare, il bando ha previsto quale criterio di aggiudicazione quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e, per l’art. 16 del disciplinare, l’offerta economica doveva “indicare, a pena di esclusione, il seguente elemento: ribasso percentuale unico riferito esclusivamente all’importo delle spese ed oneri accessori, comprensivo del relativo importo destinato alle sole indagini e prove (esclusa manodopera ed oneri della sicurezza relativi alle sole indagini e prove, non assoggettati a ribasso), al netto dell’iva e degli oneri previdenziali, ossia: importo da ribassare pari ad € 107.947,02 (euro centosettemilanovecentoquarantasette/02)”.

Il raggruppamento SM ha offerto un importo pari a € 384.052,98, ovvero esattamente corrispondente a quello massimo ribassabile che risultava essere stato indicato dalla stazione appaltante.

La stazione appaltante ha valutato, nondimeno, pari a zero l’offerta economica del raggruppamento SM in ragione del fatto che la normativa sull’equo compenso non consentirebbe di ricomprendere nel compenso stesso i costi generali e gli oneri accessori di commessa elencati nei giustificativi del raggruppamento SM, avendo quest’ultimo azzerato le voci comprimibili proprio per costi generali e oneri accessori.

2. – L’impugnativa promossa innanzi al TAR per il Lazio si è incentrata sulla dedotta violazione della disciplina sul subprocedimento di verifica dell’anomalia ex art. 110 d.lgs. n. 36/2023 sotto plurimi profili.

All’esito del giudizio di prime cure, definito ex art. 60 c.p.a., il TAR, nell’accogliere il ricorso del raggruppamento SM ha concluso che “l’offerta della ricorrente appare in linea con quanto richiesto dalla normativa attuale che permette di ribassare le sole “spese e oneri accessori” ma non il “compenso”, non ravvisandosi alcun vincolo normativo che potesse impedire al concorrente di effettuare un ribasso del 100% sulle voci cui la stessa stazione appaltante permetteva il ribasso. Infatti, l’offerta in questione si è attenuta alle indicazioni della stazione appaltante sulle somme ribassabili, avendo operato il ribasso sulle c.d. voci accessorie e non sul compenso, mentre, la Stazione appaltante non ha dimostrato che questo ribasso intaccasse l’equo compenso”.

3. – Interposto rituale appello, il raggruppamento Engi.S. ha dedotto due profili di censura così rubricati:

I) “Error in iudicando: violazione del disposto degli artt. 88, comma 2, lett. d), e 105, comma 1, c.p.a.: Motivazione carente, contraddittoria, perplessa ed apparente della pronuncia impugnata”.

L’appellante lamenta il deficit motivazionale della sentenza in considerazione di una ritenuta contraddizione tra gli assunti del giudicante – il ribasso sull’equo compenso come potenziale indice di anomalia in contrapposizione all’inderogabilità della disciplina sull’equo compenso – unitamente ad un errore materiale, riconducibile alla circostanza che il raggruppamento Engi.S. non avrebbe mai presentato con la propria offerta un ribasso del 99 %, bensì del 41 % siccome comprovabile per tabulas dalla offerta economica versata in atti.

II) “Error in iudicando: violazione del disposto degli artt. 88, comma 2, lett. d), e 105, comma 1, c.p.a.: motivazione carente, contraddittoria, perplessa ed apparente della pronuncia impugnata”.

Il giudice amministrativo, annullando il verbale di aggiudicazione – contenente peraltro il criterio scelto dall’amministrazione per valutare le offerte economiche nel caso si fossero presentate offerte pari o vicine al 100% del ribasso – si sarebbe sostituita alla stazione appaltante, così violando il principio di separazione dei poteri e il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.. Così facendo avrebbe inoltre imposto un esito necessitato – l’aggiudicazione in favore del raggruppamento SM – in patente violazione della disciplina imperativa sull’equo compenso.

4. – L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana (di seguito, anche, IZS) appellato si è costituito in giudizio per domandare l’accoglimento dell’appello e il conseguente rigetto della sentenza di primo grado.

5. – Il raggruppamento SM quale controinteressato ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per aspecificità delle censure e l’inammissibilità della memoria difensiva dell’IZS perché in parte riproduttiva delle difese di primo grado senza contestualizzazione rispetto alla pronuncia gravata, e in parte introduttiva di temi e documenti nuovi in spregio del divieto di nova in appello. Nel merito ha diffusamente controdedotto per la reiezione del gravame e la conferma della statuizione di prime cure.

5.1. – Il raggruppamento SM ha anche riproposto i motivi assorbiti in prime cure ai sensi dell’art. 101, co. 2 c.p.a. volti sostanzialmente a censurare:

– in primis, la conduzione “in concreto” del subprocedimento di valutazione di anomalia della propria offerta, con riguardo al fatto che tale verifica sarebbe stata condotta dalla Commissione, e non dal RUP, in via preventiva e indiscriminata nei confronti di tutti i concorrenti sfociando, per giunta, nell’azzeramento del punteggio e non già nell’esclusione tout court delle offerte ritenute anomale;

– l’erroneità dei calcoli relativi all’attribuzione dei punteggi dell’offerta economica da parte della Commissione giudicatrice, la quale avrebbe applicato una formula diversa rispetto a quella indicata all’art. 17.4 del disciplinare, così generando un ragionevole dubbio sulla correttezza dei punteggi anche delle offerte tecniche, ed in conseguenza su quelli “finali” che sono stati poi considerati ai fini dell’aggiudicazione;

– il contegno tenuto dalla stazione appaltante successivamente alla verifica di anomalia, e segnatamente dopo la formulazione della proposta di aggiudicazione operata dalla Commissione all’esito della seduta del 21 agosto 2024 mediante la frettolosa stipula del contratto, avvenuta in pendenza della definitiva efficacia dell’aggiudicazione e in violazione del termine di stand still.

6. – In esito alla camera di consiglio del 9 gennaio 2025, il Collegio ha negato la concessione della sospensione cautelare della sentenza appellata, riservando alla sede di merito la disamina del tema decisorio della derogabilità della disciplina sull’equo compenso nell’ambito della contrattualistica pubblica e rilevando, per incidens, che l’esito applicativo scrutinato in prime cure per cui l’originario ricorrente raggruppamento SM si è limitato a sfruttare al massimo grado il margine di ribassabilità dell’offerta economica previsto dalla lex specialis non appariva prima facie censurabile.

7. – In vista dell’udienza pubblica del 10 aprile 2025 le parti hanno espletato lo scambio di memorie difensive ex art. 73 c.p.a. ribadendo i propri assunti.

All’esito della discussione nel corso dell’udienza pubblica del 10 aprile 2025 la causa è stata incamerata per la decisione.

DIRITTO

1. – La controversia si inscrive nel contenzioso sull’applicabilità della disciplina dell’equo compenso (legge n. 49/2023) a gare per appalti pubblici, con riferimento al quale il Consiglio di Stato si è pronunciato a favore della derogabilità della disciplina sull’equo compenso – in termini di equa ribassabilità del compenso dei professionisti – nell’ambito della contrattualistica pubblica (v. Cons. St., sez. III, 27 gennaio 2025, n. 594, e in termini anche Cons. St. sez. V, 3 febbraio 2025, n. 844).

2. – Nella fattispecie in esame, l’art. 16 del disciplinare prevedeva che l’offerta economica dovesse “indicare, a pena di esclusione, il seguente elemento: ribasso percentuale unico riferito esclusivamente all’importo delle spese ed oneri accessori, comprensivo del relativo importo destinato alle sole indagini e prove (esclusa manodopera ed oneri della sicurezza relativi alle sole indagini e prove, non assoggettati a ribasso), al netto dell’IVA e degli oneri previdenziali, ossia importo da ribassare pari ad € 107.947,02 (euro centosettemilanovecentoquarantasette/02)”, mentre nella “Tabella” riportata alla pag. 8 e ss. del disciplinare, si distingueva tra “compenso” (€ 381.802,98) e “spese” (€ 110.197,02), comprensive del costo delle indagini (€ 15.000,00), della manodopera stimata per le stesse (€ 1.500,00) e degli oneri della sicurezza (€ 750,00), queste ultime due voci da ritenersi non ribassabili (€ 110.197,02 – € 1.500,00 – € 750,00 = € 107.947,02 importo ribassabile).

Infine, si stabiliva sempre all’art. 16 del disciplinare che, “ai sensi dell’articolo 41 comma 14 del d. lgs. n. 36/2023 i costi della manodopera indicati al paragrafo 3 del presente capitolato non sono ribassabili. Resta la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale o da sgravi contributivi che non comportano penalizzazioni per la manodopera”.

3. – La fattispecie in esame differisce da quella oggetto dalla citata pronuncia n. 594/2025 della Sezione in cui, nel silenzio della lex specialis, si poneva la questione dell’eterointegrazione del bando con la disciplina dell’equo compenso: nel caso in esame, la stessa lex specialis precisa, anche con successivi chiarimenti della stazione appaltante, che la voce dei compensi professionali non fosse comprimibile, limitando la competizione alle sole voci per le spese e oneri accessori. Va evidenziato che tale precipua disciplina di gara non ha formato oggetto di impugnazione nell’ambito del presente giudizio.

3.1. – Sicché, deve trovare applicazione la ratio decidendi enunciata dalla parallela pronuncia Cons. St., sez. V, 3 febbraio 2025, n. 844 secondo cui (punto 2.3.7 parte in diritto) “Seppure infatti la legge n. 49 del 2023 non trova diretta applicazione nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, nulla vieta che la stazione appaltante possa, nell’esercizio della propria discrezionalità ed entro termini ragionevoli, prevedere clausole di non ribassabilità del corrispettivo a fini di tutela dell’equo compenso professionale.

Del che si rinviene anzitutto un riferimento testuale fra le regole codicistiche relative ai criteri di aggiudicazione: segnatamente all’art. 108, comma 5, d.lgs. n. 36 del 2023 (oggi peraltro richiamato in parte qua anche dal citato art. 41, comma 15-bis, lett. a), d.lgs. n. 36 del 2023, e già dall’art. 9 del relativo Schema di correttivo), a tenore del quale «L’elemento relativo al costo, anche nei casi di cui alle disposizioni richiamate al comma 1, può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi» (cfr. già l’art. 95, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016).

Si tratta di un’opzione, riconosciuta espressamente alla stazione appaltante, che limita il confronto concorrenziale ai soli profili qualitativi delle offerte, azzerando il peso della componente prezzo, con un criterio che non rappresenta un tertium genus alternativo a quelli del prezzo più basso e del miglior rapporto qualità/prezzo, bensì una semplice specificazione di quest’ultimo. D’altra parte, lo stesso articolo 108, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 36 del 2023, nel prevedere che «Sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo: […] b) i contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro» non preclude in radice una modulazione del suddetto «rapporto qualità/prezzo» in termini di maggior valorizzazione della prima, e cioè con previsione di (parziali) limiti alla ribassabilità del corrispettivo, né il che può esser ritenuto di per sé lesivo dei principi concorrenziali o di tutela delle risorse pubbliche.

Quanto sopra tanto più vale del resto se tale modulazione avviene per finalità in sé meritevoli a mente dei principi di cui al titolo I, parte I del Codice, fra i quali quello dell’equo compenso, sancito dall’art. 8, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023, ben perseguibile – rispetto alle «prestazioni d’opera intellettuale» in generale – per il tramite di siffatte previsioni della lex specialis”. A ciò si aggiunga peraltro che, come suesposto, gli stessi parametri di riferimento utilizzati per la determinazione dei valori rilevanti sono parzialmente diversi fra loro, sicché il limite alla ribassabilità è stabilito nella specie dal disciplinare di gara su un corrispettivo calcolato a norma del d.m. 17 giugno 2016, di suo distinto da quello, calcolato a norma del d.m. n. 140 del 2012, cui l’art. 3, comma 1, l. n. 49 del 2023 associa la nozione di “equo compenso”.

3.2. – Ad ogni buon conto, neanche le parti del giudizio contestano l’incomprimibilità della voce compensi, ma controvertono circa i potenziali riflessi erosivi dell’azzeramento delle voci comprimibili sull’intangibilità della voce compensi nella misura indicata dalla lex specialis (pari a euro 381.802,98).

4. – Tanto chiarito al fine dell’inquadramento della fattispecie concreta, prima di esaminare le doglianze dell’appellante, occorre rispondere alle eccezioni di inammissibilità svolte dal controinteressato raggruppamento SM.

4.1. – Ad avviso del Collegio, l’appello, pur non distinguendosi per chiarezza ed esaustività, resiste, se unitariamente considerato, all’eccezione di inammissibilità per genericità e vaghezza sollevata dal raggruppamento SM.

Il gravame non manca, infatti, di enucleare l’esposizione sommaria dei fatti, le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata e le conclusioni a norma dell’art. 101, co. 1 c.p.a.: il primo motivo individua, ad esempio, plurimi passaggi della decisione di prime cure che stigmatizza per contraddittorietà, giungendo ad ipotizzare il vizio radicale di motivazione apparente laddove la sentenza appellata, pur legittimando l’azzerabilità dei costi per spese generali, afferma che un ribasso eccessivo, tale da erodere in materia significativa il compenso professionale, potrebbe essere indice di scarsa serietà dell’offerta. Del pari, il secondo motivo di appello denuncia l’error in iudicando in cui incorre il giudice di prime cure allorché non solo si sarebbe sostituito alla stazione appaltante ma, rimandando gli atti alla stessa, avrebbe obbligato l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana a far vincere la gara al raggruppamento SM che ha effettuato un ribasso al 100% dell’offerta economica. Vieppiù specificamente, il secondo motivo di gravame denuncia la decisione di prime cure laddove ravvisa l’illegittimità del verbale di aggiudicazione nella parte in cui la stazione appaltante ha valutato l’offerta economica più vantaggiosa tra quelle formulate secondo i parametri rispettosi dell’art. 8, co. 2 del d.lgs. n. 36/2023, senza avvedersi che da un’attenta lettura dei documenti inviati dal raggruppamento SM, si sarebbe potuto facilmente verificare che gli stessi hanno fatto rientrare nell’equo compenso i costi generali, gli oneri accessori di commessa e le spese relative alle indagini e alle analisi propedeutiche alla redazione della relazione geologica.

Il gravame appare, pertanto, rispettoso delle previsioni essenziali dettate dalla disciplina codicistica in punto di contenuti minimi del ricorso in appello.

L’eccezione deve essere, dunque, respinta.

4.2. – Nel merito, i due motivi di gravame devono essere esaminati unitariamente per la stretta connessione delle censure svolte: il nucleo della prima censura verte, infatti, sulla contraddittorietà della motivazione della pronuncia gravata che, da un lato, afferma l’intangibilità dell’equo compenso, e, dall’altro, acclara la conformità dell’offerta del raggruppamento SM, il quale si sarebbe limitato ad azzerare le voci ribassabili, mancando tuttavia di rilevare che, nel caso di specie, il ribasso sarebbe risultato di proporzione tale da erodere in maniera significativa la componente del ‘compenso professionale’, come comprovabile dai giustificativi prodotti.

La motivazione che offre il giudice di prime cure sul perché l’esito della verifica di anomalia sarebbe stato fallace (e cioè perché “l’offerta della ricorrente appare in linea con quanto richiesto dalla normativa attuale che permette di ribassare le sole “spese e oneri accessori” ma non il “compenso”, non ravvisandosi alcun vincolo normativo che potesse impedire al concorrente di effettuare un ribasso del 100% sulle voci cui la stessa stazione appaltante permetteva il ribasso”) si rivela insoddisfacente proprio perché trascura sic et simpliciter i riflessi erosivi che un siffatto ribasso può sortire sulla tutela dell’equo compenso professionale introdotta espressamente dalla lex specialis di gara.

La doglianza mette, inoltre, a nudo, un palese errore di fatto circa il ribasso offerto dall’appellante – pari al 41% e non già al 99% indicato dal primo giudice, pur dovendosi rilevare che tale refuso non integra un vizio invalidante della procedura.

Con il secondo motivo l’appellante chiude il ragionamento sui denunciati riflessi erosivi del ribasso totalitario della voce “spese e oneri accessori” sull’intangibilità dei compensi professionali osservando che “da un’attenta lettura dei documenti inviati alla S.A. [dal raggruppamento SM], si può facilmente verificare che gli stessi hanno fatto rientrare nell’equo compenso i costi generali, gli oneri accessori di commessa e le spese relative alle indagini e alle analisi propedeutiche alla redazione della relazione geologica: […] Alla luce della documentazione di primo grado, non si comprende come il Collegio di prime cure abbia potuto apoditticamente affermare che la stazione appaltante non abbia motivato il punteggio dell’offerta economica [del raggruppamento SM]”.

Viene qui criticato in particolare il capo di sentenza in cui il primo giudice ha statuito “l’offerta in questione si è attenuta alle indicazioni della stazione appaltante sulle somme ribassabili, avendo operato il ribasso sulle c.d. voci accessorie e non sul compenso, mentre, la Stazione appaltante non ha dimostrato che questo ribasso intaccasse l’equo compenso”.

4.3. – Le due censure, unitariamente considerate, sono fondate.

Il raggruppamento SM, dopo aver ribassato al 100% nell’offerta economica le voci ribassabili e aver offerto un importo pari a quello incomprimibile risultante dalla somma dei compensi professionali e degli oneri di sicurezza, in sede di verifica di anomalia delle offerte ha presentato un giustificativo oggettivamente dubbio da cui si inferisce che le voci per spese generali, spese di indagine e addirittura per l’utile di impresa ricadono nella somma di 384.052,98 euro che, a rigore, doveva essere destinata incomprimibilmente all’equo compenso dei professionisti (euro 381.802,98) assieme agli oneri per manodopera (euro 1.500,00) e sicurezza (euro 750,00).

Ne consegue che la valutazione negativa dell’offerta economica da parte della Commissione non appare destituita di fondamento atteso che le voci per spese e oneri accessori, apparentemente ribassate al 100%, si sono riespanse in sede di giustificativo cubando un importo pari a euro 63.133,71 oltre ad un utile teorico di impresa pari a euro 38.079,27 che sono andati ad erodere la quota, in tesi incomprimibile, dei compensi professionali, correlativamente ridotta all’importo di euro 282.840 (come evincibile dal subtotale A delle scheda di analisi prodotta in sede di giustificativi). Tale considerazione corrobora, dunque, la scelta della Commissione di valutare non congrua, né attendibile l’offerta del raggruppamento SM.

In conclusione, meritano accoglimento i due motivi di appello unitariamente considerati dovendosi dare evidenza alla fallacia argomentativa in cui è incorso il primo giudice laddove ha ritenuto che l’azzeramento delle voci ribassabili non si riverberasse in concreto sull’entità dell’equo compenso, in tesi non ribassabile per espressa previsione del bando.

5. – L’accoglimento dell’appello, cui consegue la necessaria riforma della pronuncia gravata, onera, per l’effetto, il Collegio dello scrutinio dei motivi di ricorso assorbiti in primo grado e riproposti ritualmente in questo grado dal raggruppamento SM.

5.1. – Tali censure colgono nel segno nella parte in cui lamentano l’irregolarità formale dell’intera procedura di verifica dell’anomalia dell’offerta, segnatamente sotto i seguenti profili.

Il sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è stato condotto irritualmente dalla commissione di gara, in contrasto con le previsioni del disciplinare (art. 22) che invece riservavano l’intera gestione della sub-procedura di verifica al R.u.p., in linea con gli indirizzi applicativi della giurisprudenza amministrativa per cui, in punto di principio, il sub-procedimento di anomalia è di competenza del R.u.p. e non della commissione di gara (Cons. St., sez. III, 5 giugno 2020, n. 3602; sez. V, 24 febbraio 2020, n. 1371; id., 13 novembre 2019, n. 7805; id. 24 luglio 2017, n. 3646), con la precisazione che “non è preclusa al responsabile del procedimento la possibilità di individuare ulteriori soggetti cui affidare la verifica, soprattutto quando questa comporti valutazioni tecniche particolarmente complesse, per lo svolgimento delle quali né il R.u.p. né gli uffici interni alla stazione appaltante siano professionalmente adeguati. Non è escluso, quindi, che la scelta ricada sulla stessa commissione giudicatrice, che ben conosce il contenuto dell’offerta da sottoporre a verifica, non solo sotto il profilo del merito tecnico (per averla valutata ai fini dell’attribuzione dei punteggi) ma anche sotto il profilo economico (che l’art. 77, comma 1, cit., non esclude dalla portata della commissione, che ha per oggetto la «valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico»). Resta comunque ferma la necessità che il R.u.p. valuti l’operato della commissione di gara e adotti l’eventuale provvedimento di esclusione dell’offerta ritenuta anomala ovvero il provvedimento di aggiudicazione” (Cons. St., sez. V, 11 marzo 2021, n. 2086).

Inoltre, la conduzione in concreto della sub-procedura di verifica è incorsa in ulteriori abnormità con riguardo alla tempistica e alla platea dei destinatari. Rispetto al primo profilo, la commissione di gara ha attivato la verifica ben prima che fosse formulata una proposta di aggiudicazione, anzi prima che fossero assegnati i punteggi stessi alle offerte. Dipoi, siffatta verifica è stata estesa a tutti gli offerenti che avevano intaccato la quota incomprimibile destinata all’equo compenso, diversamente da quanto prevede la disciplina codicistica che assoggetta alla verifica di congruità e sostenibilità solo la migliore offerta che appaia anormalmente bassa (art. 110, co. 1 d.lgs. 36/2023 e con tenore pressoché conforme anche il disciplinare di gara all’art. 22).

5.2. – In conclusione, i vizi dedotti in primo grado nel I motivo del ricorso introduttivo a carico della verifica dell’anomalia, e poi assorbiti nella decisione gravata, inficiano irrimediabilmente la procedura e impongono, previo annullamento degli atti, la riedizione dei segmenti di esercizio del potere viziati.

6. – Tutto ciò considerato, all’esito della disamina complessiva del piano delle censure, sia sul piano del gravame principale, sia su quello dei motivi riproposti in appello, il Collegio deve concludere per l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza impugnata, per l’accoglimento del ricorso di primo grado con diversa motivazione; per l’effetto, devono essere annullati gli atti di gara fatta salva la riedizione dei segmenti di esercizio del potere viziati.

Considerato che il contratto tra IZS e il raggruppamento appellante è stato concluso il 1° ottobre 2024 e la progettazione oggetto del contratto era in procinto di essere realizzata prima della sospensione disposta cautelarmente dal TAR, il Collegio non ritiene di dichiarare l’inefficacia del contratto medio tempore stipulato tra le parti tenuto conto dell’avanzato stato di esecuzione dell’opera di progettazione e della oggettiva difficoltà di un ipotetico subentro.

7. – La peculiarità della controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite in relazione al doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado con diversa motivazione e annulla i provvedimenti impugnati ai sensi e nei termini di cui in motivazione.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2025 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Nicola D’Angelo, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere

Angelo Roberto Cerroni, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

Angelo Roberto Cerroni

IL PRESIDENTE

Rosanna De Nictolis

IL SEGRETARIO