Non è invocabile il legittimo affidamento in caso di affidamento diretto illegittimo per mancanza dei requisiti di proprietà patrimoniale ex art. 113, c. 14, del TUEL

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II, 8 luglio 2025, n. 5912 – Il legittimo affidamento richiede che l’affidamento derivi da un atto legittimo e che il beneficiario abbia agito in buona fede e senza colpa grave. Nel caso di specie, il consorzio non poteva invocare il legittimo affidamento, poiché l’affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti era palesemente illegittimo, violando l’art. 113, c. 14, del TUEL, che consente l’affidamento diretto solo a soggetti proprietari di strutture patrimoniali necessarie alla gestione del servizio, requisito non posseduto dal consorzio. Essendo il consorzio partecipe del comune affidante, non poteva ignorare tale illegittimità, evidente e facilmente accertabile. In conformità all’Adunanza Plenaria n. 19/2021, la buona fede e il legittimo affidamento sono esclusi quando l’illegittimità deriva da colpa grave, ossia quando il beneficiario avrebbe potuto e dovuto accertarla. Pertanto, la mera conclusione del contratto non è sufficiente a presumere buona fede o legittimo affidamento in presenza di illegittimità manifeste.

N. 05912/2025REG.PROV.COLL.

N. 03396/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3396 del 2018, proposto dal Consorzio Industriale Provinciale Nord Est Sardegna Gallura – Cipnes, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Mauro Bilotta, con domicilio eletto presso lo studio Salvatore Dettori in Roma, piazza Ss. Apostoli 66;

contro

Comune di Arzachena, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Stefano Forgiarini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione prima, n. 59/2018, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Arzachena;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 2 luglio 2025 il consigliere Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati Bilotta Mauro e Forgiarini Stefano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il Consorzio Industriale e Provinciale Nord Est Sardegna Gallura -Cipnes ha impugnato la sentenza del T.a.r. per la Sardegna n. 59 del 31 gennaio 2018 che ha respinto la domanda di condanna del Comune di Arzachena al risarcimento del danno derivante dall’anticipata cessazione di un contratto di servizio di durata decennale.

2. I fatti di causa rilevanti, quali emergono dalle affermazioni delle parti non specificamente contestate e comunque dagli atti e documenti del giudizio, possono essere sinteticamente ricostruiti nei termini seguenti:

-in data 2 luglio 2003 il Comune di Arzachena e l’ente pubblico economico Cines (oggi Cipnes) stipulavano un contratto di servizio di durata decennale, avente ad oggetto la “raccolta, trasporto, conferimento a discarica dei rifiuti solidi urbani, raccolta differenziata, gestione degli imballaggi”, con previsione di un canone annuo pari ad euro 1.306.800,00. Il servizio veniva affidato in via diretta, senza l’espletamento di gara, sulla base di quanto previsto dall’art. 113, comma 14, d.lgs 267/2000;

– nel 2006 il Comune recedeva anticipatamente dal contratto, ai sensi degli artt. 31 del capitolato e 1671 c.c., per procedere ad un nuovo affidamento tramite procedura ad evidenza pubblica;

-il consorzio impugnava con ricorso al T.a.r. per la Sardegna le determinazioni del Comune relative all’indizione di una nuova gara e alla relativa aggiudicazione, unitamente all’atto di recesso dal contratto;

– con sentenza n. 124/08 il T.a.r. adito: a) qualificava l’atto di recesso del Comune come provvedimento amministrativo di autotutela, rientrante nella cognizione del giudice amministrativo; b) accoglieva il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata Cosir (aggiudicataria nella nuova gara), dichiarando l’illegittimità dell’originario affidamento diretto del servizio a Cipnes, l’inefficacia della successiva convenzione del 2003 e il conseguente venir meno dell’interesse di Cipnes “ad impugnare l’atto di recesso posto in essere dall’Amministrazione comunale”; c) faceva salve le eventuali istanze risarcitorie eventualmente spiegate da Cipnes per le attività esecutive degli impegni contrattuali medio tempore poste in essere;

– il consorzio agiva anche in sede civile per ottenere l’indennizzo per il recesso dal contratto ai sensi dell’art. 1671 c.c. e dell’art. 31 del capitolato. Il Tribunale di Tempo Pausania con sentenza n. 421/2013: a) respingeva la domanda di indennizzo poiché l’operato del Comune di Arzachena era stato qualificato come revoca in autotutela dalla sentenza del T.a.r. Sardegna n. 124/2008, avente efficacia di giudicato; c) evidenziava che non poteva trovare applicazione l’art. 31 del capitolato d’oneri allegato alla convenzione, stante la sopravvenuta inefficacia della convenzione medesima; d) escludeva che la domanda proposta da parte attrice integrasse quell’istanza risarcitoria “in relazione alle attività esecutive degli impegni contrattuali medio tempore poste in essere” espressamente fatta salva dal T.a.r. per la Sardegna;

– la sentenza sopra indicata veniva impugnata dal consorzio dinanzi alla Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, che con sentenza n. 87/2016: a) prendeva atto del giudicato esterno formatosi sulla sentenza del T.a.r. n. 124/2008 in ordine alla natura di “autotutela” dell’atto di scioglimento del vincolo per originaria insussistenza dei presupposti per l’affidamento del servizio; b) escludeva il diritto all’indennizzo per il recesso ex art. 31 del capitolato d’oneri, stante l’inefficacia ex tunc della convenzione; c) dichiarava il difetto di giurisdizione del G.O. a favore del G.A. ove si fosse dovuta qualificare la domanda del consorzio come domanda risarcitoria;

-con sentenza n. 28179/2020 le Sezioni Unite della Cassazione accoglievano il ricorso proposto dal consorzio, dichiarando la giurisdizione del G.O. e cassando con rinvio la sentenza n. 87/2016. Le sezioni unite rilevavano, in particolare, che: a) era intervenuta tra le parti la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 385/2017 (su appello proposto dal Comune avverso la sentenza del Tribunale di Tempo Pausania n. 219/2015, relativa al pagamento di alcune fatture insolute del disciolto contratto di servizio) che ha qualificato il rapporto tra le parti come appalto di servizi; b) la sentenza era passata in giudicato a seguito della sentenza delle sezioni unite n. 20181/2019 che ha dichiarato inammissibile il ricorso del Comune; c) la domanda del consorzio andava, quindi, qualificata come domanda ex contractu in quanto attinente al pagamento dell’indennizzo per il recesso del Comune da una convenzione ormai definitivamente qualificata come appalto di servizi;

-a seguito di riassunzione del giudizio, la Corte di appello di Cagliari, con sentenza n. 253/2016, qualificava l’operato del Comune come recesso dall’appalto di servizi, e, in riforma della sentenza del Tribunale di Tempio Pausania n. 421/2013, riconosceva al consorzio la somma complessiva di euro 876.735,83 a titolo di indennizzo;

– la sentenza n. 253/2016 veniva, da ultimo, impugnata dal Comune di Arzachena con ricorso in Cassazione che, con ordinanza n. 1325 del 25 settembre 2025 (intervenuta nelle more del giudizio di appello), lo accoglieva, cassando con rinvio la sentenza di appello. La Corte di cassazione rilevava, in particolare, che: a) la qualificazione del rapporto intercorso tra le parti come appalto, anziché come accordo tra Pubbliche Amministrazioni, risultante dalla sentenza n. 385/2017 (ritenuta prevalente dalla sentenza di Cassazione n. 28179/2020), non è incompatibile con la dichiarazione di inefficacia del contratto derivante dall’annullamento degli atti di affidamento del servizio, disposto con sentenza del T.a.r. n. 124 del 2008; b) l’inefficacia retroattiva del contratto, sebbene non escluda il diritto dell’appaltatore al pagamento delle prestazioni eseguite, non consente, tuttavia, di sostenere che il contratto debba trovare integralmente esecuzione e che, in caso di recesso del Comune, l’appaltatore abbia diritto all’indennizzo sulla base di un contratto ormai divenuto inefficace.

3. Con ricorso di primo grado il consorzio-premesso che, a seguito del rigetto della domanda di indennizzo disposta dal Tribunale di Tempio Pausania con sentenza n. 421/2013, ha agito in via cautelativa anche in sede amministrativa ex art. 11, comma 2, c.p.a per ottenere il risarcimento dei danni- ha chiesto, in via principale, che venisse sollevata d’ufficio la questione di riparto di giurisdizione davanti alle Sezioni Unite della Cassazione e, in via subordinata, l’accoglimento della domanda risarcitoria.

4. Il T.a.r. per la Sardegna con sentenza n. 59 del 31 gennaio 2018:

a) dichiarava inammissibile la domanda, proposta in via principale, di sollevare d’ufficio la questione di riparto di giurisdizione davanti alle sezioni unite della Cassazione;

b) qualificava la domanda subordinata di condanna del Comune al ristoro del pregiudizio patrimoniale derivante dall’anticipato scioglimento del contratto come domanda di risarcimento del danno per lesione dell’affidamento nella legittimità del provvedimento, poi annullato in sede giurisdizionale, respingendola;

c) compensava tra le parti le spese di giudizio.

5. Cipnes ha interposto appello, notificato in data 20 aprile 2018, articolando i seguenti motivi di gravame (parte C dell’atto di appello):

C1. In particolare sul tema della giurisdizione e sull’accertamento dei relativi presupposti:

C1.a) Violazione/errata applicazione degli artt. 59 L 69/2009 e 11 C.p.A.;

C1.b) Error in Judicando, motivazione illogica, contraddittoria e insufficiente; Violazione/falsa applicazione dell’art 65 RD n° 12/1941 e degli artt. 39 D.Lgs. 104/2010 – 324 c.p.c. e 2909 Cod. Civ.. Error in Judicando e omessa motivazione. Illogicità della motivazione;

C1.c) Violazione dell’art. 103 Cost. Rifiuto di tutela giurisdizionale del diritto soggettivo. Error in Judicando sulla ricostruzione dei fatti e dei precedenti del processo rilevanti per la qualificazione del diritto controverso. Motivazione errata e insufficiente rispetto agli orientamenti della Cassazione Civile criticati dal TAR;

C1.d) Violazione dei principi sull’autotutela amministrativa e sul rapporto tra revoca e stipulazione contrattuale. Contrasto con AP 14/2014. Violazione/falsa applicazione degli artt. 21quinques – 21sexies e 21nonies L 241/90. Illogicità manifesta.

C2. Nel merito:

C2.a) Error in Judicando illogicità e violazione di legge (artt. 2 Cost – 1147 – 1375 – 1373 -1671- 2697 cod. civ – 21nonies L 241/90.) della motivazione sul supposto difetto di legittimo affidamento nel diritto comunitario. Motivazione errata e insufficiente anche in relazione a difese del CIPNES non esaminate;

C2.b) Error in Judicando sulla supposta genericità della domanda di riparazione economica;

C2.c) Error in Judicando e omessa pronuncia sulle istanze istruttorie. Motivazione illogica sulla assenza di prova del danno.

6. Si è costituito per resistere il Comune di Arzachena.

7. Con ordinanza n. 6114 del 9 luglio 2024 è stata disposta la sospensione del giudizio in considerazione della pendenza dinanzi alla Corte di cassazione del ricorso R.G. n. 25297/2022, proposto dal Comune di Arzachena avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 253/2022 che ha qualificato come contrattuale il rapporto giuridico su cui si fonda la pretesa patrimoniale azionata da Cipnes.

8. In data 14 aprile 2025 Cipnes ha depositato istanza di prosecuzione di giudizio a seguito della definizione del ricorso pendente dinanzi alla Corte di cassazione con ordinanza n. 1325/2025 che ha accolto il ricorso del Comune e cassato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 253/2022.

9. In vista dell’udienza di trattazione entrambe le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive difese.

10. Cipnes ha, in particolare, chiesto che venga disposta una nuova sospensione del giudizio in attesa della definizione del giudizio di rinvio R.G. n. 93/2025, attualmente pendente presso la Corte di appello di Cagliari a seguito della cassazione con rinvio della sentenza n. 253/2026, disposta con la citata ordinanza della Cassazione n. 1325/2025. Il Comune di Arzachena si è, invece, opposto ad una nuova sospensione del giudizio.

11. All’udienza di smaltimento del 2 luglio 2025, previa discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.

12. In via preliminare, deve essere respinta la richiesta di una nuova sospensione del giudizio per le seguenti autonome ragioni:

a) l’art. 296 c.p.c.- applicabile anche al processo amministrativo ai sensi dell’art. 79 c.p.a.- consente la sospensione facoltativa su richiesta delle parti per una sola volta e tale sospensione è già stata disposta con ordinanza n. 6114 del 9 luglio 2024, in accoglimento della richiesta di Cipnes;

b) non è configurabile un’ipotesi di sospensione necessaria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. poiché con ordinanza n. 1325/2025 la Corte di cassazione ha perimetrato in maniera chiara il confine tra il giudizio civile e quello amministrativo, escludendo ogni contrasto tra la sentenza della Corte di appello n. 385/2017 e la sentenza del T.a.r. 124/2008 e con conseguente venir meno del rischio di conflitto di giudicati;

c) il giudizio di rinvio r.g. n. 93/2025 ha per oggetto-come evidenziato anche da Cipnes- le prestazioni già eseguite sulla base del contratto successivamente divenuto inefficace, mentre l’odierno giudizio attiene al risarcimento del danno conseguente al provvedimento di revoca/ritiro in autotutela dell’affidamento del servizio. La domanda di “indebito arricchimento” oggetto del contezioso civile (che secondo Cipnes sarebbe l’unica a residuare a seguito dei giudicati: pag. 2 della memoria di replica) è, quindi, diversa dalla domanda di risarcimento del danno di cui si controverte in questa sede, sia per petitum (indennizzo e non risarcimento) che per causa petendi (diritto credito derivante dall’esecuzione del contratto e non lesione di una posizione soggettiva di interesse legittimo);

d) i casi di sospensione del processo hanno natura tassativa poiché “la sospensione (…) determina una potenziale lesione del principio di ordine costituzionale della ragionevole durata del processo (oggi sancito per il processo amministrativo dall’art. 2, comma 2, c.p.a.)” (Ad. Plen. 7 del 2023). Sotto tale profilo, giova ricordare che il contenzioso tra Cipnes e il Comune è pendente da oltre dieci anni poiché avviato in sede civile nel 2013;

e) è precluso al giudice disporre la sospensione del giudizio per mere ragioni di opportunità (Ad. Plen. 4 del 2024).

13. Premesso quanto sopra, l’appello è infondato.

14. Con il primo motivo di appello Cipnes impugna il capo della sentenza che ha dichiarato inammissibile l’istanza volta a sollecitare il potere del giudice di sollevare d’ufficio il conflitto di giurisdizione, qualificandola erroneamente come “domanda principale”.

15. Il motivo è infondato.

16. La translatio iudicii presuppone l’accettazione, ad opera delle parti, della giurisdizione del giudice davanti al quale il processo viene riassunto.

17. Ai sensi dell’art. 59, comma 2 , l. 69/2009 e dell’art 11 c.p.a, il giudice adito in riassunzione “può” sollevare d’ufficio il regolamento ove dubiti della propria giurisdizione, mentre le parti non possono dolersi della giurisdizione del giudice da esse stesse adito, configurandosi in caso contrario un abuso del processo (cfr. ex plurimis, Cons. Stato sez. V, 11 settembre 2024 n. 7533; 1 luglio 2024 n. 5783; sez. II, 14 novembre 2019 n. 7811) .

18. Come osservato dal T.a.r., una volta riassunto il giudizio innanzi al giudice indicato come munito di giurisdizione, le parti non possono più mettere in discussione la decisione del primo giudice che ha declinato la giurisdizione, né mediante regolamento preventivo di giurisdizione né mediante eccezione di difetto di giurisdizione, determinandosi un vero e proprio giudicato interno preclusivo alla successiva riproponibilità della questione.

19. Quanto all’incidenza del giudicato formatosi sulla sentenza del T.a.r. n. 124/2008, è sufficiente rilevare che:

a) la pronuncia ha, per un verso, qualificato l’atto di ritiro del Comune come atto di revoca (affermando la propria giurisdizione) e, per altro verso, annullato gli atti di affidamento del servizio al consorzio per violazione dell’art. 113, comma 14 TUEL, dichiarando l’inefficacia della convenzione;

b) le statuizioni della sentenza, sia per quanto riguarda la qualificazione dell’atto di ritiro che per quanto riguarda l’illegittimità dell’affidamento, non possono essere rimesse in discussione in questa sede ove si controverte (non di “indennità meramente patrimoniali conseguenti a risoluzione di un contratto di appalto” come affermato a pag. 10 dell’appello bensì) del risarcimento del danno asseritamente cagionato dall’azione amministrativa illegittima, così come accertata dalla sentenza n. 124/2008, passata in giudicato;

c) l’efficacia esterna del giudicato amministrativo è stata riconosciuta, da ultimo, dalla Cassazione che, ordinanza n. 1325 del 25 settembre 2025, ha rimarcato come “la prevalenza avrebbe dovuto essere assegnata al giudicato derivante dalla sentenza del Tar n. 124 del 2008, che aveva affermato l’inefficacia ex tunc del contratto di appalto, con il conseguente travolgimento totale dei relativi effetti”;

d) la pretesa dell’appellante di rimettere in discussione la natura dell’atto di ritiro viola non solo il giudicato ma anche il principio del ne bis in idem, ricavabile dagli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., in applicazione del quale è vietato al giudice di pronunciarsi due volte sulla medesima controversia (Consiglio di Stato sez. IV, 20/03/2024, n.2721);

e) una volta scelta la strada della giurisdizione amministrativa, è precluso al ricorrente contestare la cognizione del giudice da esso stesso adito, qualificando la propria posizione come “diritto soggettivo alla conservazione della integrità del proprio patrimonio”. Come osservato dal giudice di primo grado, a fronte dell’esercizio del potere la posizione del cittadino è sempre di interesse legittimo, consistente nella pretesa ad un provvedimento favorevole frutto dell’attività legittima dell’amministrazione. Ciò in disparte l’ulteriore rilievo che il risarcimento del danno non configura un diritto autonomo, ma uno strumento di tutela a fronte dell’illegittimo esercizio del potere, la cui cognizione compete al G.A. (cfr. Corte Cost. 204/2004, Ad .plen. n.ri 4 del 2005, 13 del 2008 e 3 del 2011).

20. Di qui l’inammissibilità delle censure riportate sub C1.b) e C1.c) nella parte in cui sono volte a porre in discussione l’efficacia di giudicato della sentenza n. 124/2008: il provvedimento è stato ritirato in autotutela e il ritiro è stato qualificato in termini di revoca con sentenza passata in giudicato.

21. Quanto alla richiesta di indennizzo ex art. 1671 c.c., essa è stata proposta dinanzi al giudice ordinario e non è suscettibile, in ogni caso, di essere delibata in questa sede ove si controverte unicamente del risarcimento del danno derivante dall’affidamento nella legittimità del provvedimento poi annullato in sede giurisdizionale, come osservato dal T.a.r. Si tratta, giova ribadire, di due domande diverse e volte alla riparazione di diversi pregiudizi, l’uno di fonte negoziale e l’altro di fonte provvedimentale.

22. La Corte di cassazione, nella citata ordinanza n. 1325/2025, ha, inoltre, evidenziato che la questione relativa al riconoscimento dell’indennizzo avrebbe dovuto essere risolta dal giudice d’appello “ tenendo conto della diversità di tale indennizzo dal corrispettivo delle prestazioni già eseguite, nonché della portata retroattiva dell’inefficacia del contratto di appalto”: è a questa la regula iuris che il giudice di rinvio è tenuto ad uniformarsi nell’ambito del giudizio r.g. 93/2025, già incardinato dinnanzi alla Corte di appello di Cagliari.

23. Quanto alle censure sub C1.d) esse sono: a) inammissibili nella misura in cui rimettono ancora in discussione la natura giuridica dell’atto di ritiro del 19 settembre 2006, già qualificato come revoca dalla sentenza n. 124/2008 della cui efficacia di giudicato si è già riferito; b) infondate nella parte in cui affermano che il T.a.r. avrebbe confuso tra revoca e annullamento d’ufficio, laddove il giudice di primo grado si è limitato a prendere atto dell’illegittimità originaria del provvedimento di affidamento, già accertata dalla più volte citata sentenza n. 124/2008; c) irrilevanti nella parte in cui richiamano la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 14/2014- relativa ai rapporti tra revoca e recesso- poiché si tratta di una sopravvenienza giurisprudenziale con cui è stata dissolta un’incertezza interpretativa di cui lo stesso giudicato n. 124/2008 è dimostrazione.

24. Il primo motivo deve, quindi, essere respinto.

25. Con il secondo motivo di appello Cipnes censura la sentenza nella parte in cui respinto la domanda di risarcimento per mancanza di un legittimo affidamento nella regolarità dell’assegnazione diretta del servizio.

26. La censura è infondata.

27. Quanto alla censura sub C2.a), il legittimo affidamento di Cipnes- il quale, giova ricordare, è un consorzio di cui fa parte lo stesso comune affidante- è escluso dall’evidenza del vizio che inficia l’atto di affidamento del servizio, come puntualizzato con efficacia di giudicato dalla sentenza n. 124/2008.

28. In quella sede il giudice ha rilevato l’illegittimità dell’affidamento diretto al consorzio per violazione dell’art. 113, comma 14, TUEL che consente, in via eccezionale e in deroga alle regole comunitarie dell’evidenza pubblica, agli enti locali di affidare in via diretta la gestione di servizi o loro segmenti solo a soggetti che siano proprietari delle reti, degli impianti e di altre dotazioni patrimoniale per la gestione dei servizi stessi.

29. Il consorzio affidatario difettava del necessario requisito di legge costituito della proprietà di una struttura inamovibile sul territorio comunale, circostanza che non poteva essere ignorata né dal consorzio né dal Comune in quanto inerente alla stessa organizzazione del servizio oggetto di affidamento.

30. Il giudice di primo grado ha correttamente rimarcato il sopra illustrato profilo, evidenziando la natura pubblica del consorzio in quanto “ente cui lo stesso Comune di Arzachena partecipa (Comune che è chiamato peraltro a ripianarne le eventuali perdite)” con la conseguenza che “ appare del tutto inverosimile che la palese illegittimità dell’originario affidamento non fosse a conoscenza e del Comune stesso e dell’affidatario”.

31. Sul punto non può condividersi l’assunto difensivo secondo cui la buona fede dovrebbe presumersi sulla base della semplice conclusione del contratto poiché è proprio l’avvenuta conclusione in spregio alle regole di evidenza pubblica che esclude la buona fede e l’affidamento legittimo.

32. Come osservato dall’Adunanza plenaria n. 19 del 2021, poiché la buona fede è esclusa laddove l’ignoranza dipenda da colpa grave (art. 1147 comma 2 c.c.) un affidamento incolpevole non è predicabile se l’illegittimità del provvedimento era evidente e avrebbe potuto essere facilmente accertata dal suo beneficiario, come accaduto nel caso di specie.

33. Parimenti infondata è la censura sub C2.b), proposta avverso il capo della sentenza che ha dichiarato la genericità della domanda risarcitoria, non avendo l’appellante allegato né provato i pregiudizi patrimoniali derivanti dal provvedimento amministrativo, limitandosi- anche in sede di appello-a riproporre le domande formulate dinnanzi al giudice civile, diverse per petitum e per causa petendi, in quanto afferenti all’indennità derivanti dallo scioglimento anticipato del contratto (spese sostenute per l’allestimento e la gestione del servizio appaltato e mancato guadagno per anticipata risoluzione: pag. 28 ricorso di primo grado; cfr. anche i richiami alla CTU contabile svolta in sede civile di cui alla memoria del 27 maggio 2025) sul presupposto della piena efficacia della convenzione, travolta ex tunc dall’annullamento dell’atto di affidamento.

34. Per le medesime ragioni, è infondata anche la doglianza sub C2.c), relativa all’omessa pronuncia sulle istanze istruttorie proposte dal ricorrente, atteso che il mancato assolvimento dell’onere della prova del danno non può essere surrogato con il richiamo ai poteri istruttori del giudice.

35. Va, inoltre, rilevata l’inammissibilità per genericità della riproposizione di “tutte le censure, domande, eccezioni ed istanze svolte in primo grado” formulata sub A) dell’atto di appello. In ogni caso, il loro esame non rivestirebbe alcuna utilità per il ricorrente, stante l’infondatezza dei motivi di appello, come sopra esposto.

36. L’infondatezza delle doglianze proposte dal consorzio appellante priva di rilevanza l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, non potendo ravvisarsi in alcun modo un contrasto del giudicato con il diritto comunitario, tenuto conto della prevalenza assegnata, anche in sede civile, alla sentenza del T.a.r. n. 124/2008 (memoria Comune del 9 giugno 2025).

37. In conclusione, l’appello deve essere respinto.

38. Sussistono giustificati motivi, in ragione della complessità e peculiarità della controversia, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2025, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere

L’ESTENSORE

Carmelina Addesso

IL PRESIDENTE

Giovanni Sabbato

IL SEGRETARIO