La decadenza di consiglieri comunali che siano amministratori di società o lavoratori autonomi richiede una rigorosa valutazione delle ragioni addotte per le assenze.

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana – Sezione Giurisdizionale, 7 luglio 2025, n. 528 – La decadenza dalla carica di consigliere comunale costituisce una limitazione all’esercizio di un munus publicum, sicché la valutazione delle circostanze cui è conseguente la decadenza vanno interpretate restrittivamente. Il carattere sanzionatorio del provvedimento, destinato ad incidere su una carica elettiva, impone la massima attenzione agli aspetti garantistici della procedura, anche per evitare un uso distorto dell’istituto come strumento di discriminazione nei confronti delle minoranze. In particolare, quando nel caso di amministratori di società o di lavoratori autonomi, i quali non possono fruire dei permessi ex lege previsti per i lavoratori dipendenti, la valutazione sulla prevalenza degli impegni lavorativi rispetto alla partecipazione alle sedute consiliari spetta necessariamente al consigliere stesso, non potendo il consiglio comunale sindacare l’indispensabilità o l’essenzialità di specifici impegni professionali. L’organo consiliare, pertanto, è tenuto a esaminare puntualmente e con particolare rigore le giustificazioni prodotte, motivando in modo specifico e adeguato la deliberazione di decadenza, anche alla luce della posizione lavorativa svolta e delle oggettive difficoltà di conciliazione con l’esercizio della carica pubblica. In assenza di tale approfondita motivazione, la decadenza risulta illegittima. L’istituto della decadenza “è posto a presidio di una ordinata e proficua attività dell’organo collegiale e tende a sanzionare il comportamento del consigliere che, una volta eletto, si disinteressi del mandato conferitogli dai cittadini”, ma non può essere utilizzato per finalità diverse da quelle per cui è previsto e, come nel caso di specie, volte a sbarazzarsi di uno scomodo oppositore, a discapito della corretta e doverosa dialettica democratica tra maggioranza e opposizione.

N. 00528/2025REG.PROV.COLL.

N. 00999/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 999 del 2024, proposto da
Luca Saitta, rappresentato e difeso dagli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Maletto, in persona del Sindaco pro tempore non costituito in giudizio;
Moreno Avellina, Michela Gambino, Mattia Saitta, Miriana Lizio, Giuseppe Capizzi, Irene Caserta, Antonino Putrino, Grassia Francesco, tutti rappresentati e difesi dall’Avv Pietro Maria Mela con domicilio digitale come daPEC da registri di giustizia;
Regione Siciliana Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania n. 02603/2024, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Siciliana Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica;

Visto l’atto di costituzione in giudizio e appello incidentale proposto da Michela Gambino, Mattia Saitta, Miriana Lizio, Giuseppe Capizzi, Irene Caserta, Moreno Avellina, Francesco Grassia, Antonino Putrino;

Vista l’ordinanza cautelare n.321/2024 del 19 settembre 2024 con cui questo Consiglio ha accolto l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2025 il Cons. Antonino Lo Presti e uditi per le parti gli avvocati come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con deliberazione n. 26 del 24 maggio 2024, il Consiglio Comunale di Maletto ha dichiarato la decadenza del sig. Luca Saitta dalla carica di consigliere comunale per assenze ingiustificate dalle sedute consiliari.

Il procedimento di decadenza è stato avviato con comunicazione del 6 maggio 2024, con cui venivano contestate al consigliere Saitta le seguenti assenze: 28 giugno 2023, 28 settembre 2023, 21 ottobre 2023, 23 dicembre 2023, 8 gennaio 2024, 30 marzo 2024 e 27 aprile 2024.

Il consigliere Saitta ha presentato le proprie osservazioni in data 9 e 13 maggio 2024, giustificando le assenze con impegni di lavoro (per le sedute del 28 giugno, 28 settembre e 23 dicembre 2023), mancata regolare convocazione (per la seduta del 21 ottobre 2023), motivi di salute (per la seduta dell’8 gennaio 2024) e ragioni di protesta politica (per le sedute del 30 marzo e 27 aprile 2024).

Significativamente, l’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali, con nota prot. n. 8409 del 22 maggio 2024, ha rilevato che l’art. 16 dello Statuto comunale di Maletto si discosta dal dettato normativo regionale, invitando il Comune a conformare lo Statuto alle disposizioni vigenti.

Con la deliberazione impugnata, il Consiglio Comunale ha dichiarato la decadenza del consigliere Saitta, ritenendo non giustificate le assenze contestate.

Il TAR Sicilia – Catania, con sentenza n. 2603/2024, ha parzialmente accolto il ricorso, ritenendo illegittima la decadenza per le assenze del 30 marzo e 27 aprile 2024 (per protesta politica) e del 21 ottobre 2023 (per mancata convocazione), ma ha confermato la legittimità del provvedimento relativamente alle tre assenze per motivi di lavoro del 28 giugno, 28 settembre e 23 dicembre 2023.

Avverso tale pronuncia, il sig. Saitta ha proposto il presente appello, articolando due motivi di censura relativi all’erroneità della valutazione delle assenze per motivi di lavoro.

Gli appellati hanno proposto appello incidentale, mentre il comune di Maletto rimasto contumace in primo grado non si è nemmeno costituito in appello.

DIRITTO

L’appello è fondato per le ragioni che qui di seguito si rassegnano.

1. Già in sede cautelare questo Consiglio, con ordinanza n. 321/2024 pubblicata il 14 settembre 2024, si è pronunciato sulla fondatezza delle censure proposte dall’appellante, accogliendo l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.

In quella sede, questo Consiglio ha rilevato come “nel caso di specie assuma dirimente rilievo la circostanza che la causa di decadenza è stata fondamentalmente ricondotta a tre assenze, in quanto ritenute non giustificate, dovute a ragioni di lavoro dell’appellante, il quale tuttavia non è un lavoratore dipendente, ma svolge attività di lavoro autonomo quale amministratore unico di una società e ha dichiarato, sotto la propria responsabilità, che nei giorni delle sedute consiliari in cui è risultato assente si trovava in altre città per pregressi impegni di tale lavoro“.

Inoltre, in detta sede questo Consiglio ha anche evidenziato che “condivisa giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il Consiglio comunale, nel valutare le circostanze che giustifichino l’esercizio del potere di decadenza, deve attenersi a criteri restrittivi e di estremo rigore, in quanto l’uso di un siffatto potere determina gravi effetti sull’esercizio di una carica pubblica elettiva e – senza che ciò risulti escluso in radice nel caso qui concretamente in esame – sussiste la possibilità che lo strumento venga utilizzato per finalità politiche“.

Infine, questo Consiglio ha già ritenuto (ivi) che “nel caso in esame un siffatto vaglio restrittivo ed estremamente rigoroso delle circostanze che hanno portato all’adozione del provvedimento di decadenza non sembra che sia stato effettuato dal Consiglio comunale e che, comunque, difficilmente può attribuirsi a un organo di natura politica la decisione di merito sulla giustificabilità dell’assenza per motivi di lavoro e ciò, in particolare, in presenza di lavoro non subordinato“.

2. La giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato ha chiarito che la decadenza dalla carica di consigliere comunale per assenze ingiustificate costituisce una limitazione all’esercizio di un munus publicum che richiede l’applicazione di criteri restrittivi e di estremo rigore.

Come ha precisato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 4977/2021, “le circostanze da cui consegue la decadenza del consigliere comunale vanno interpretate restrittivamente e con estremo rigore, data la limitazione che essa comporta all’esercizio di un munus publicum, considerando dunque che gli aspetti garantistici della procedura devono essere valutati attentamente, anche al fine di evitare un uso distorto dell’istituto come strumento di discriminazione delle minoranze“.

Tali principi sono stati ribaditi dalla giurisprudenza più recente, che ha sottolineato come “la decadenza dalla carica di consigliere comunale costituisce una limitazione all’esercizio di un munus publicum, sicché la valutazione delle circostanze cui è conseguente la decadenza vanno interpretate restrittivamente. Il carattere sanzionatorio del provvedimento, destinato ad incidere su una carica elettiva, impone la massima attenzione agli aspetti garantistici della procedura, anche per evitare un uso distorto dell’istituto come strumento di discriminazione nei confronti delle minoranze“.

3. Il caso in esame presenta l’ulteriore peculiarità – che si aggiunge ai già significativi caveat che si sono evidenziati, funzionalmente a impedire ogni strumentalizzazione politica della valutazione delle assenze, affinché non si dia alla maggioranza consiliare un’arma politica per soggiogare singoli consiglieri di minoranza – che l’appellante non è un lavoratore dipendente, ma svolge attività di lavoro autonomo quale amministratore unico di una società. Tale circostanza assume un rilievo ulteriormente decisivo nella valutazione delle giustificazioni da costui addotte per le assenze.

La normativa di riferimento, contenuta negli artt. 79 e 80 del D.Lgs. n. 267/2000, prevede specifici permessi retribuiti per i lavoratori dipendenti eletti alla carica di consigliere comunale, stabilendo che “i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali … hanno diritto di assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei rispettivi consigli“.

Tale disciplina, tuttavia, non può trovare applicazione nel caso di amministratori di società o di lavoratori autonomi, i quali non possono fruire dei permessi ex lege previsti per i lavoratori dipendenti. In tali casi, la valutazione sulla prevalenza degli impegni lavorativi rispetto alla partecipazione alle sedute consiliari spetta necessariamente al consigliere stesso, non potendo il Consiglio Comunale sindacare l’indispensabilità o l’essenzialità di specifici impegni professionali.

4. La deliberazione di decadenza dalla carica, dunque, avrebbe dovuto semmai essere adamantinamente motivata, dando conto dell’avvenuto scrutinio delle giustificazioni addotte secondo i criteri di restrittività ed estremo rigore – e, peraltro, dovendosi porre l’Ente censore nella prospettiva del richiedente e delle sue esigenze lavorative, non in quella di un terzo indifferente a tutto ciò – richiesti dalla giurisprudenza consolidata.

Nel caso di specie, la motivazione si è invece limitata ad affermare che “le ragioni addotte dal Consigliere siano ictu oculi prive di qualsiasi spiegazione logica e non supportate da alcuna documentazione“, senza compiere una valutazione puntuale delle specifiche circostanze addotte e senza considerare la particolare posizione dell’appellante quale amministratore di società.

Tale motivazione appare, quindi, inadeguata rispetto ai principi consolidati, che richiedono una valutazione particolarmente rigorosa delle giustificazioni addotte, dovendo invece emergere ragioni obiettivamente gravi nella loro assenza o inconferenza di giustificazione, ovvero nella loro genericità e carenza di prova, tale da impedire qualsiasi accertamento sulla loro fondatezza, serietà e rilevanza.

5. Il Collegio rileva, inoltre, che il caso in esame presenta elementi che lasciano ipotizzare un uso improprio dell’istituto della decadenza: il procedimento ha coinvolto infatti tutti i consiglieri di minoranza che avevano posto in essere una protesta politica contro il sindaco e la sua maggioranza, configurandosi come strumento di neutralizzazione dell’opposizione piuttosto che come legittimo esercizio del potere sanzionatorio.

Per il caso specifico dell’appellante è significativa, a questo proposito, la dichiarazione di un consigliere di maggioranza, riportata nel verbale della seduta del Consiglio Comunale che sottolinea “… anche quando è stato presente alle sedute delle adunanze consiliari [il consigliere Luca Saitta] non si è mai dimostrato minimamente collaborativo o propositivo”: valutazione, quest’ultima, palesemente politica e, come tale, sviata rispetto alla corretta applicazione dell’istituto decadenziale.

Come ha chiarito la giurisprudenza consolidata, l’istituto della decadenza “è posto a presidio di una ordinata e proficua attività dell’organo collegiale e tende a sanzionare il comportamento del consigliere che, una volta eletto, si disinteressi del mandato conferitogli dai cittadini“, ma non può essere utilizzato per finalità diverse da quelle per cui è previsto e, come in questo caso, volte a sbarazzarsi di uno scomodo oppositore, a discapito della corretta e doverosa dialettica democratica tra maggioranza e opposizione.

6. L’appellante ha giustificato le tre assenze per motivi di lavoro dichiarando, sotto la propria responsabilità, di trovarsi in altre città per pregressi impegni lavorativi nei giorni delle sedute consiliari. Trattandosi di amministratore unico di società, tale dichiarazione sostitutiva appare al Collegio sufficiente a giustificare le assenze, non potendo il Consiglio Comunale pretendere la divulgazione di informazioni riservate relative all’attività imprenditoriale, né di sindacarle in merito.

7. L’appello principale, in conclusione, deve essere accolto, mentre l’appello incidentale deve essere respinto, confermandosi l’illegittimità della decadenza anche in relazione alle altre assenze come già riconosciuta dal TAR.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati in prime cure.

Respinge l’appello incidentale.

Condanna gli appellati, in solido tra loro, al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila), oltre spese generali e accessori di legge; ripartendone l’onere, nei rapporti interni, per metà a carico del Comune di Maletto e per la residua frazione a carico degli appellati costituiti, in parti eguali tra questi ultimi.

Compensa le spese tra le altre parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2025 con l’intervento dei magistrati:

Ermanno de Francisco, Presidente

Michele Pizzi, Consigliere

Anna Bottiglieri, Consigliere

Paola La Ganga, Consigliere

Antonino Lo Presti, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

Antonino Lo Presti

IL PRESIDENTE

Ermanno de Francisco

IL SEGRETARIO