TAR LAZIO, ROMA, SEZ. II quater, 7 luglio 2025, n. 13290 – Il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso, per cui tale parere si inserisce nel procedimento per il rilascio del condono edilizio e costituisce condizione indefettibile per l’ottenimento del titolo abilitativo postumo. In considerazione del valore vincolante e preclusivo riconosciuto dalla legge al parere di cui all’art. 32 della L. 47/1985 e del valore primario attribuito dalla Costituzione alla tutela del paesaggio, l’Amministrazione comunale è obbligata ad adeguarsi alle valutazioni operate dall’ente preposto alla tutela del vincolo, non potendo procedere, in ragione di tale parere negativo, al rilascio della concessione edilizia in sanatoria, come peraltro confermato anche dall’art. 16 della L. 241/1990, secondo cui nel caso in cui non venga comunicato un parere obbligatorio, l’Amministrazione ha la facoltà di procedere ugualmente, salvo però il caso di “pareri che debbano essere rilasciati dalle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica e territoriale”. Pertanto, nel caso di specie, la contestazione del parere dell’ente preposto al vincolo andava espressa in termini specifici e dettagliati, non potendosi dedurre al riguardo in modo generico.
N. 13290/2025 REG.PROV.COLL.
N. 11853/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11853 del 2021, proposto da -OMISSIS-e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato Massimiliano Marsili, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma e Ministero della Cultura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Comune di Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Magnanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
– dell’atto tramesso al Sig. -OMISSIS-per il tramite dell’Avv. -OMISSIS- a mezzo pec del 28.7.2021, con il quale il Ministero della Cultura – Direzione Generale Musei, Parco Archeologico di Ostia Antica, ha emesso parere negativo, ai sensi dell’art. 32 della L. 47/1985, in merito alla domanda di rilascio di concessione edilizia in sanatoria, da effettuarsi da parte dell’Amministrazione Comunale, per la realizzazione di un edificio a destinazione commerciale in Roma, Via di Castel Fusano n. 26;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché di estremi ignoti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale, nonché della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma e del Ministero della Cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 16 maggio 2025 il dott. Giovanni Caputi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe vengono impugnati gli atti ivi enucleati e se ne domanda l’annullamento.
2. In particolare, la questione riguarda la legittimità dell’atto con il quale il Ministero della Cultura, Direzione Generale Musei Parco Archeologico di Ostia Antica, ha espresso parere negativo ai sensi dell’art. 32 della L. 47/1985 in merito alla domanda di rilascio di concessione edilizia in sanatoria, da effettuarsi da parte dell’Amministrazione Comunale, in relazione ad un edificio a destinazione commerciale ubicato in Roma, Via di Castel Fusano n. 26.
3. L’Amministrazione che ha emanato il parere si è costituita il 14 maggio 2025 per resistere al ricorso, mentre Roma Capitale, dopo essersi parimenti costituita in data 28 dicembre 2021, ha successivamente, il 26 marzo 2025, anche depositato memoria difensiva, evidenziando che non residuano margini di valutazione in suo potere successivamente al rilascio del parere e chiedendo comunque il respingimento del ricorso.
4. All’udienza del 16 maggio 2025, tenutasi in modalità da remoto, la causa è stata trattenuta per la decisione.
5. Il ricorso è infondato e pertanto va respinto.
6. Si premette che:
– ai sensi dell’articolo 32 della legge n. 47/1985, “il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”, per cui tale parere si inserisce nel procedimento per il rilascio del condono edilizio e costituisce condizione indefettibile per l’ottenimento del titolo abilitativo postumo;
– in considerazione del valore vincolante e preclusivo riconosciuto dalla legge al parere di cui all’articolo 32 della L. 47/1985 e del valore primario attribuito dalla Costituzione alla tutela del paesaggio, l’Amministrazione comunale è obbligata ad adeguarsi alle valutazioni operate dall’ente preposto alla tutela del vincolo, non potendo procedere, in ragione di tale parere negativo, al rilascio della concessione edilizia in sanatoria, come peraltro confermato anche dall’articolo 16 della L. 241/1990, secondo cui nel caso in cui non venga comunicato un parere obbligatorio, l’Amministrazione ha la facoltà di procedere ugualmente, salvo però il caso di “pareri che debbano essere rilasciati dalle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica e territoriale”.
Questa dovuta premessa in ordine al quadro normativo implica che, nel caso di specie, la contestazione del parere dell’ente preposto al vincolo andava espressa in termini specifici e dettagliati, non potendosi dedurre al riguardo in modo generico.
7. Con la doglianza articolata in ricorso si deducono invece la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della L. 47/1985, nonché l’eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, travisamento dei fatti, carenza di motivazione, illogicità ed ingiustizia grave e manifesta.
Ad avviso del Collegio, il motivo in parola si presenta anzitutto formulato in termini del tutto generici, privo della necessaria specificazione in ordine ai singoli profili del parere che si contestano, limitandosi sostanzialmente il ricorrente a riprodurre le medesime censure già articolate in un precedente giudizio (su cui infra).
In particolare, non viene svolta una puntuale critica rispetto al contenuto del parere espresso dall’Ente Parco: segnatamente il ricorrente genericamente assume la carenza o la illogicità della motivazione, limitandosi ad una mera allegazione di contrarietà, mentre omette di confrontarsi con le argomentazioni tecniche contenute nel parere reso dall’ente competente.
7.1. Per quanto sopra visto, il ricorso è dunque inammissibile, per violazione del canone della specificità di cui all’art. 40, comma 1, lett. d), nonché comma 2, del c.p.a..
8. In ogni caso il ricorso è anche infondato, anche a prescindere da quanto sopra, tentando di utilizzare all’uopo le risultanze del precedente giudizio e prendendo a riferimento il parere impugnato ed alcune deduzioni contenute nelle perizie depositate, che tuttavia non possono sostituirsi alla doverosa, ed omessa, puntuale declinazione delle censure.
9. Venendo quindi al preteso difetto di motivazione dell’atto impugnato, nei sensi poc’anzi enucleati, interpretando in maniera oltremodo ampia il diritto all’azione ed i poteri inquisitori del giudice, va notato quanto segue.
In merito alla destinazione urbanistica ed all’assenza di un vincolo assoluto di inedificabilità, il Collegio rileva che la questione è stata già risolta dal Consiglio di Stato nel precedente giudizio svoltosi inter partes, ed avente ad oggetto un precedente diniego che si fondava sulla pretesa inedificabilità assoluta dell’area.
Al riguardo, nel parere del Consiglio di Stato n. 956/2020, è stato stabilito che: “come sopra indicato, nella zona H2 non è esclusa l’edificazione, risultando questa consentita sia pure per edifici aventi destinazione agricola e con esigui indici di edificabilità ed un lotto minimo di due ettari.
La circostanza che l’edificio oggetto di condono non rispetti tali prescrizioni denota una non conformità alle regole di edificazione ma non certo la violazione di un vincolo di inedificabilità, che, ripetesi, non risulta nella specie imposto.”.
Accertato quanto sopra, il Consiglio di Stato dispone tuttavia che: “Restano, peraltro, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione e, in particolare, l’espressione di un parere di compatibilità della costruzione oggetto di condono con i vincoli paesaggistico ed archeologico esistenti sull’area, da rendersi ai sensi dell’articolo 32 della richiamata legge n. 47/85 ed in relazione ai cui contenuti il presente parere non contiene alcun obbligo conformativo.”.
Pertanto, nella zona H2 interessata dall’intervento non è astrattamente esclusa l’edificazione, essendo ammessa, in via eccezionale, l’edificazione per scopi agricoli e nel rispetto di precisi limiti (indice edificatorio minimo e lotto minimo di due ettari), previo parere degli organi competenti.
Ma nel proprio parere negativo l’ente preposto alla tutela procedeva dichiaratamente a dare esecuzione alla menzionata pronunzia, che in esso è citata, e la valutazione sfavorevole è stata espressa, coerentemente con la ridetta decisione in quanto: “la presenza dell’edificio, in base alla posizione ed alle sue caratteristiche, rappresenta un elemento di forte criticità per il contesto paesaggistico, sotto diversi punti di vista”.
Quindi, il parere rilasciato non si fonda sull’esistenza di un vincolo assoluto di inedificabilità, bensì sulla valutazione di non compatibilità dell’intervento con i valori paesaggistici e archeologici tutelati e, inoltre, evidenzia che l’intervento edilizio oggetto di condono non rispetta le condizioni normative di edificabilità, in quanto non presenta destinazione agricola e non si inserisce nel tessuto rurale secondo le modalità ammesse dalla pianificazione.
Ne consegue che la già accertata assenza di un vincolo assoluto di inedificabilità non elide il rilievo autonomo e dirimente, espresso nell’atto qui impugnato, della non conformità paesaggistica e funzionale dell’opera.
10. Inoltre, nel caso di specie, il parere negativo presenta una congrua esplicitazione delle ragioni a supporto della decisione.
Anzitutto, sotto il profilo archeologico l’Amministrazione ha correttamente rilevato la presenza di un vincolo archeologico nella zona, fondando il proprio giudizio su ricostruzioni storiche e documentazione tecnica che il ricorrente non ha efficacemente contestato, limitandosi ad affermare l’assenza di indagini dirette sulle zone interessate, senza tuttavia fornire elementi idonei a inficiare le valutazioni operate dall’Amministrazione.
11. Sotto ulteriore (e parimenti autonomo) profilo, con riferimento alla destinazione d’uso commerciale del manufatto, va evidenziato che essa risulta in evidente contrasto sia con la pianificazione urbanistica vigente all’epoca, sia con la natura dell’area. In questo senso è quindi comprensibile che altri edifici limitrofi, che appaiono più propriamente residenziali, siano stati oggetto di condono, proprio perché essi meglio possono inserirsi nel territorio considerato ed assumere fisionomia di fabbricati rurali o comunque residenziali. Rimane comunque fermo che la valutazione di compatibilità non può che essere svolta caso per caso, e dunque che l’eventuale regolarizzazione di un immobile non implica che anche quello limitrofo debba essere oggetto di identico provvedimento.
12. Quanto alla valutazione paesaggistica, è vero che l’area presenta un certo grado di compromissione, anche per la presenza, come detto, di edifici condonati, tuttavia l’Amministrazione ha correttamente evidenziato che il manufatto oggetto del presente procedimento presenta caratteristiche tipologiche e morfologiche peculiari che ne accrescono l’impatto, differenziandolo da altre costruzioni preesistenti o coeve (in particolare appare avere un impatto sotto il profilo lineare non integrato nel territorio e accresciuto dalla destinazione urbanistica commerciale).
13. Del resto, ed infine, trattasi pur sempre di un parere emesso sulla scorta di discrezionalità tecnica, che, per le considerazioni che precedono, non appare essere stata esercitata in maniera manifestamente irragionevole o superata da più attendibili valutazioni ricorsuali, che nel caso di specie, come già notato, mancano o non sono puntuali e pertinenti.
14. Il ricorso deve quindi essere respinto.
15. Le spese di lite possono essere compensate visto il complessivo sviluppo della vicenda.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Rita Tricarico, Presidente
Agata Gabriella Caudullo, Primo Referendario
Giovanni Caputi, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Giovanni Caputi
IL PRESIDENTE
Rita Tricarico
IL SEGRETARIO