TAR CALABRIA, CATANZARO, SEZ. I, 16 giugno 2025, n. 1051, Sul danno curriculare: è onere del concorrente danneggiato offrire compiuta dimostrazione dei relativi presupposti, sia sul piano dell’an che sul piano del quantum – Il danno curriculare non è un danno “in re ipsa” e non può essere risarcito in via automatica o forfettaria (ad es. in misura variabile tra l’1% e il 5% dell’importo contrattuale), ma richiede una puntuale e specifica dimostrazione, ancorata alla perdita del livello di qualificazione posseduta o al mancato conseguimento di un livello superiore, ovvero al mancato raggiungimento di un fatturato utile per la partecipazione a future procedure di appalto. Pertanto, grava sul concorrente danneggiato l’onere di provare sia l’esistenza del danno sia la sua entità, secondo il principio dispositivo che governa la tutela risarcitoria nelle gare pubbliche, come affermato dalla giurisprudenza, ed in assenza di tale prova la domanda di risarcimento per danno curriculare deve essere rigettata.
01051/2025 REG.PROV.COLL.
01273/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1273 del 2021, proposto dalla
Centopercento Servizi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Carratelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocata Mariagemma Talerico, in Catanzaro, via Schipani n. 110;
contro
Centrale Unica di Committenza – C.U.C. dei Comuni di Celico, Casali del Manco, Spezzano della Sila e Pietrafitta, non costituita in giudizio;
Comune di Casali del Manco (Cs), in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fabio Liparoti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Duo Service S.r.l., F.lli Marasco S.r.l., non costituita in giudizio;
per il risarcimento dei danni
derivanti e connessi dagli atti impugnati col ricorso n.1/2020 reg.ric. Tar Calabria – annullati con sentenza n. 1496/2021 emessa dal Consiglio di Stato il 19 febbraio 2021;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Casali del Manco (Cs);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2025 il dott. Nicola Ciconte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
- Con ricorso notificato il 19 luglio 2021 e depositato il successivo 23 luglio, la società ricorrente ha introdotto domanda di risarcimento dei danni nei confronti della Centrale unica di committenza (C.U.C.) dei Comuni di Celico, Casali del Manco, Spezzano della Sila e Comune di Pietrafitta, e del Comune di Casali del Manco, rappresentando, in fatto, che:
– con ricorso n.1/2020 proposto dinanzi a questo Tribunale, integrato da motivi aggiunti, ha impugnato, chiedendone l’annullamento: a) il verbale del 4 dicembre 2019, con il quale la riferita Centrale unica di committenza ha disposto la sua esclusione dalla gara “servizio di trasporto scolastico a.s. 2019-2020” (CIG 8003715A8D), e tutti i verbali della gara; b) la determinazione della C.U.C. n.56 del 9 dicembre 2019, con cui si è dichiarata non aggiudicata la gara; c) la determinazione del Settore 4 del Comune di Casali del Manco n.331 del 17 dicembre 2019, con la quale è stato dato atto della determina della C.U.C. n.56 del 9.12.2019, non nota alla ricorrente, con cui si dichiara non aggiudicata la gara del servizio “Trasporto Scolastico a.s. 2019/2020”; d) le determinazioni del Comune di Casali di Manco del 31 dicembre 2019, che hanno avviato una nuova procedura a contrarre e, nelle more, affidato l’incarico alla F.lli Maresco s.r.l.;
– con sentenza del 2 marzo 2020, n.374, il ricorso è stato respinto;
– la ricorrente ha quindi impugnato tale pronuncia dinanzi al Consiglio di Stato, Sezione V, che, con sentenza del 19 febbraio 2021, n.1496, ha accolto l’appello, annullando il provvedimento di esclusione.
Alla luce di ciò, nel presente ricorso, la società istante chiede il risarcimento dei danni, sul presupposto che, ove non fosse stata illegittimamente esclusa, “sarebbe risultata certamente vincitrice della gara di appalto ed affidataria del servizio, essendo stata esclusa l’altra partecipante (Duo Service s.r.l.)”.
- Si è costituito in giudizio il Comune di Casali del Manco, instando per il rigetto del ricorso.
- All’udienza pubblica del 9 aprile 2025, il ricorso è stato discusso e, all’esito, trattenuto in decisione.
DIRITTO
- Il ricorso è parzialmente fondato e deve, pertanto, essere accolto, nei sensi e nei limiti di seguito indicati.
- La ricorrente, oltre alla domanda risarcitoria per il danno conseguente alla dichiarata illegittimità dell’azione amministrativa, deduce anche la responsabilità precontrattuale della amministrazione e domanda il risarcimento del danno ad essa conseguente, deducendo, genericamente che “la condotta complessivamente tenuta dall’amministrazione, cui si è già fatto più volte cenno, non può dirsi certamente ispirata al modello di contegno probo, leale ed informato a chiarezza, corollario del più generale obbligo di buona fede e diligenza, sancito dal più volte richiamato art. 1337 cod. civ.”
2.1. La condotta cui la ricorrente riferisce di aver “fatto più volte cenno” è, invero, costituita dalla esclusione dalla procedura di gara, ritenuta illegittima dal giudice amministrativo, non avendo, peraltro, altrimenti riferito di comportamenti non improntati alla buona fede da parte della amministrazione resistente.
Se così è, nell’azione amministrativa oggetto del giudizio concluso con la sentenza del Consiglio di Stato n.1496/2021 non si ravvisano profili di responsabilità precontrattuale, non risultando scorrettezze nella condotta della p.a., né, come detto, ulteriori comportamenti asseritamente contrari al canone della buona fede risultano allegati dalla istante nel presente giudizio.
La fattispecie deve, quindi, correttamente inquadrarsi nell’ambito della responsabilità della p.a. per provvedimento amministrativo illegittimo, e la vicenda considerata nei limiti della domanda corrispondente a tale sola forma di responsabilità, come pure proposta.
- Sul punto, la società ricorrente – sul presupposto che, come detto, ove non esclusa, “sarebbe risultata certamente vincitrice della gara” – chiede il risarcimento di danno curriculare, “lucro cessante, danno emergente e perdita di chance”, allegando una relazione tecnica nella quale il danno è complessivamente determinato in €298.262,50.
- Ciò detto, occorre accertare la sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito e verificare quali poste di danno siano in concreto risarcibili, ed in quale misura.
4.1. In ordine all’elemento soggettivo, il Comune resistente, costituitosi in giudizio, sostiene che “nessun grado di rimprovero possa essere mosso nei confronti dell’Amministrazione rispetto alle doglianze lamentate da parte ricorrente” giacché il provvedimento di esclusione dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato “è stato adottato in seguito ad un parere ANAC che qualificava la condotta dell’offerente quale “grave illecito professionale””.
Senonché, come precisato dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia, sez. III, 30 settembre 2010, C-314/09, Stadt Graz), in materia di procedure pubbliche di appalto e concessioni, “non è necessario provare la colpa dell’amministrazione aggiudicatrice, poiché il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria; le garanzie di trasparenza e di non discriminazione operanti in materia di aggiudicazione dei pubblici appalti fanno sì che una qualsiasi violazione degli obblighi di matrice sovranazionale consente all’impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’ente aggiudicatore e dunque della imputabilità soggettiva della lamentata violazione (in termini cfr. Cons. Stato, Ad. plen.n. 2 del 2017) (cfr., sul punto, ex plurimis, Consiglio di Stato, Sezione II, 28 maggio 2021, n. 4102; Consiglio di Stato, Sezione V, 2 gennaio 2019, n. 14).
La tesi del Comune non si rivela, pertanto, pertinente.
4.2. Quanto all’elemento oggettivo, deve ritenersi sussistente il fatto lesivo, ovvero l’evento pregiudizievole della sfera giuridica della ricorrente, derivante da una attività amministrativa illegittima, ovvero contra ius e non iure, consistente nella illegittima esclusione dalla gara, come definitivamente accertato con sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 febbraio 2021, n.1496, che ha negato alla predetta la possibilità di aggiudicarsi la gara, ricavando i vantaggi patrimoniali che scaturiscono dall’esecuzione dell’appalto, configurandosi in tal modo la sussistenza di un nesso di causalità tra condotta illegittima e danno prodotto.
- Passando all’esame del danno conseguenza, la ricorrente – oltre a quello curriculare ed a quello da perdita di chance, sui quali si tornerà nel prosieguo – sulla base di una relazione tecnica i cui contenuti sono stati testualmente trasfusi nel ricorso, chiede il ristoro del lucro cessante, deducendo quanto segue:
“il periodo di blocco della produttività che la società Centopercento servizi srl ha subito ed il conseguente mancato guadagno patrimoniale, che la Centopercento servizi srl avrebbe conseguito qualora l’obbligazione fosse stata regolarmente adempiuta, Il lucro cessante dunque, è una ricchezza che non si è prodotta nel patrimonio del danneggiato. Il lucro cessante che normalmente si calcola sulla base degli incassi medi ottenuti nel periodo (ultimo triennio 2017/2019) nel caso specifico può essere determinato con teorica e logico-matematica certezza, calcolando la perdita di utile che la società ha subito per il mancato affidamento del “servizio di trasporto scolastico degli alunni delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado del territorio comunale del comune di Casali del Manco anno scolastico 2019/2020.”
Passando al calcolo si è determinato il mancato guadagno considerato:
– che il Comune di Casali del Manco nel capitolato speciale d’appalto per l’affidamento del servizio di trasporto scolastico degli alunni delle scuole dell’infanzia primarie e secondarie di primo grado del territorio comunale CIG: 8003715A8D CUP: J29E19000480004 all’art. 4 ha determinato l’ammontare dell’appalto in 219.701,81, oltre ad € 1.198,19 per oneri per la sicurezza e oltre € 15.000,00 previsti per servizi extra scolastici, per complessivi € 235.900,00 oltre I.V.A. al 10%;
– che i costi afferenti allo svolgimento della citata gara ammontano complessivamente a € 141.175,00.
Il Lucro Cessante sarà uguale a € 235.900,00 – € 141.175,00 = € 94.725,00.
Al lucro cessante va sommato il danno provocato in conseguenza del mancato affidamento dall’esclusione dell’affidamento del “Servizio di trasporto scolastico degli alunni delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado del territorio comunale del Comune di Casali del Manco CUP J99D17000380004 – CIG 7207622DD2” per la quale era stato offerto un prezzo di € 187.625,00 (a cui vanno sommati i € 15.000,00 previsti dal Capitolato per servizi extra scolastici) per un totale di euro 202.625,00 che al netto dei costi pari a 141.175,00 Avrebbe prodotto un utile di € 61.450,00”.
5.1. Deve rilevarsi, in merito alle deduzioni della parte, che non è dato, invero, comprendere il riferimento alle due diverse procedure di gara ed alla quantificazione di un danno autonomo in relazione ad entrambe, salvo immaginare, in assenza di allegazioni e produzioni documentali offerte dalla ricorrente, che la seconda procedura sia quella indetta successivamente alla mancata aggiudicazione della prima, rispetto alla quale la predetta fa riferimento solo nella indicazione degli atti impugnati nel precedente giudizio di accertamento della illegittimità della esclusione, nei seguenti termini: “le determinazioni del Comune di Casali di Manco del 31 dicembre 2019 che hanno avviato una nuova procedura a contrarre e, nelle more, affidato l’incarico alla F.lli Maresco s.r.l.”.
Ove così fosse, è evidente che il riconoscimento di entrambe le poste di danno costituirebbe una ingiustificabile duplicazione del risarcimento, posto che la seconda gara è stata bandita in sostituzione della prima e, in caso di mancata esclusione da quest’ultima e di effettiva aggiudicazione dell’appalto, la ricorrente avrebbe goduto dei vantaggi economici conseguenti a questa sola procedura.
La domanda è, pertanto, in parte qua, infondata.
5.2. Ciò precisato, il mancato profitto, compreso nella generale categoria del lucro cessante, corrisponde all’utile che l’impresa avrebbe ricavato, in base alla formulata proposta negoziale ed alla propria struttura dei costi, dalla esecuzione del contratto.
Per la sua quantificazione, non si può prendere a riferimento l’importo posto a base della gara, dovendo, di contro, considerare il margine di utile effettivo, quale ricavabile dal ribasso offerto dall’impresa danneggiata e dalla relativa offerta. Occorre, pertanto, aver riguardo all’utile esposto in sede di offerta economica (cfr., tra le altre, Consiglio di Stato, Sezione V, 25 febbraio 2019, n. 1257), che andrà calcolato operando, sull’importo a base d’asta, il ribasso percentuale offerto dall’impresa, e sottraendo dall’importo così risultante i costi del personale e gli oneri di sicurezza.
Il tutto, ovviamente, riferito, per le ragioni esposte al §5.1, alla sola gara dalla quale l’istante è stata illegittimamente esclusa.
5.2.1. Rispetto all’importo così determinato, occorre ulteriormente considerare che, secondo la costante giurisprudenza, il valore del mancato utile può essere integralmente ristorato solo laddove il danneggiato abbia dimostrato di non aver potuto utilizzare i mezzi o le maestranze in altri lavori; e ciò perché, “in assenza di suddetta prova, in virtù della presunzione per cui chi partecipa alle gare non tiene ferme le proprie risorse ma le impiega in altri appalti, lavori o servizi, l’utile così calcolato andrà decurtato in ragione dell’aliunde perceptum vel percipiendum, in una misura percentuale variabile (cfr. Cons. Stato, ad. plen. n. 2/2017 cit.; Cons. giust. amm. 6 novembre 2019 n. 947) che tenga, in concreto, conto della natura del contratto, del contesto operativo di riferimento, delle risorse nella ordinaria disponibilità del concorrente, della sua struttura dei costi, della sua storia professionale e del presumibile livello di operatività sul mercato, potendo, a tal fine, addivenirsi anche – nel caso di mancato assolvimento dell’onere dimostrativo ed in presenza di elementi indiziari che evidenzino l’impossibilità di ricorso cumulativo alle risorse strumentali – all’azzeramento del danno potenzialmente riconoscibile” (Cons. Stato, Sez. V, 12 novembre 2020, n. 7262; Id., sez. V, 23 agosto 2019, n. 5803; in termini, cfr. Tar Lazio, Sezione II-bis, 16 gennaio 2025, n.754).
Pertanto, il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell’aggiudicazione impugnata e di certezza dell’aggiudicazione in favore della parte ricorrente, solo se questa dimostri di non aver utilizzato o potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa. In difetto di tale dimostrazione, può presumersi che l’impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori ovvero che avrebbe potuto riutilizzarli, usando l’ordinaria diligenza dovuta al fine di non concorrere all’aggravamento del danno.
In assenza di allegazione e prova da parte della ricorrente, il Collegio ritiene che il danno, quantificato con le modalità indicate al §5.2., debba essere ridotto nella misura del 50%.
5.2.2. Sempre in ordine alla determinazione del lucro cessante risarcibile, occorre altresì considerare che il mancato utile potrebbe essere riconosciuto nella misura integrale solo ove risultasse con certezza che, in assenza della illegittima esclusione, la ricorrente si sarebbe aggiudicato l’appalto.
Al riguardo, la ricorrente, come già ricordato, sostiene che, ove non fosse stata illegittimamente esclusa dalla procedura di gara, “sarebbe risultata certamente vincitrice della gara di appalto ed affidataria del servizio, essendo stata esclusa l’altra partecipante (Duo Service s.r.l.)”.
Senonché, tale certezza non risulta.
Con la più volte citata sentenza n.1496/2020, il Consiglio di Stato ha accertato la illegittimità del provvedimento di esclusione della ricorrente, evidenziando che l’omissione di informazioni contestata alla predetta “è fattispecie in cui non opera l’automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo di cui all’art.80, comma 5, lett. F-bis), del d.lgs. n.80 del 2016”, e che, pertanto, “occorre, in queste evenienze, una valutazione in concreto da parte della stazione appaltante che dovrà stabilire se l’omissione riguardi informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità”.
Sicché, la stazione appaltante non avrebbe dovuto ritenere causa di esclusione automatica l’omissione di informazione, ma procedere ad una valutazione in concreto della incidenza di quella omissione sulla complessiva procedura e/o sul giudizio di integrità ed affidabilità della concorrente.
Se così è, appare evidente che non è dimostrato – ed ovviamente nemmeno è dimostrabile – che la stazione appaltante, ove avesse correttamente operato e quindi effettuato la riferita valutazione, non avrebbe comunque concluso per la esclusione della odierna ricorrente dalla procedura di gara.
Per le medesime ragioni, risulta del tutto irrilevante che, nella medesima gara, sia stata esclusa anche “l’altra partecipante”, unico altro operatore economico partecipante.
In assenza della riferita certezza in ordine alla aggiudicazione della gara, il Collegio ritiene equo che l’importo determinato secondo le indicazioni contenute ai precedenti §5.2. e 5.2.1., venga ulteriormente ridotto nella misura del 50%.
5.2.3. Trattandosi di debito di valore, l’importo così calcolato va incrementato della rivalutazione monetaria – secondo gli indici ISTAT – a decorrere dalla data in cui si sarebbe dovuto stipulare il contratto, e degli interessi legali sulla somma di anno in anno rivalutata (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sezione V, 6/1/2024, n. 26).
La rivalutazione monetaria, così determinata, dovrà computarsi fino alla data di deposito della presente decisione (data quest’ultima che costituisce il momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta).
Sull’importo così determinato, dovranno, infine, calcolarsi gli interessi legali, sino all’effettivo soddisfo.
5.3. Come riferito, la ricorrente domanda anche il risarcimento del danno curriculare, sostenendo che tale profilo di danno sia “in re ipsa” e possa risarcirsi “in una misura variabile tra l’1% e il 5% dell’importo contrattuale”.
Invero, tale assunto, non condivisibile, si fonda su una giurisprudenza, richiamata nel ricorso, che è stata superata da quella secondo cui anche il danno curriculare deve essere oggetto di puntuale dimostrazione, ancorata alla perdita del livello di qualificazione posseduta od al mancato conseguimento di un livello di qualificazione superiore (per gli appalti di lavori: cfr. Cons. Stato, III, 15 aprile 2019, n. 2435) ovvero al mancato raggiungimento di un fatturato utile a conseguire l’importo richiesto per partecipare a procedure di appalto di servizi o forniture bandite successivamente (così, da ultimo, Cons. Stato, V, 11 aprile 2025, n.3147).
Più in generale, anche tale forma di danno risponde al principio per cui, nella materia che ci occupa, “è onere del concorrente danneggiato offrire compiuta dimostrazione dei relativi presupposti, sia sul piano dell’an che sul piano del quantum, atteso che, in punto di tutela risarcitoria, l’ordinario principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal c.d. metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento ex art. 64, commi 1 e 3 cod. proc. amm., che si giustifica solo in quanto sussista la necessità di equilibrare l’asimmetria informativa tra Amministrazione e privato” (cfr. Cons Stato, sez. V, 13 luglio 2017, n. 3448).
Nella vicenda in esame, la ricorrente non ha fornito prova alcuna della sussistenza di tale posta di danno, sicché la relativa domanda non può trovare accoglimento.
5.4. Da ultimo, deve pure rigettarsi la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance, che la ricorrente chiede in aggiunta al lucro cessante, sostenendo che “La perdita di chance ha come logica sia il mancato guadagno che l’azienda subirà per x anni dal fatto dannoso, sia il danno patrimoniale.
Per il calcolo della perdita di chance in ossequio alla legge della inferenza economica, occorre riferirsi ai mancati guadagni sopra detti per lucro cessante e danno emergente e determinare il valore rispetto ad un orizzonte temporale di almeno 5 anni.
Il danno futuro è stato calcolato prendendo a base la perdita di € 94.725,00, ipotizzando di averla reinvestita in acquisto di altri mezzi di trasporto (ad esempio Scuolabus per trasporto bambini) e aver perso il valore attuale del margine che avrebbe potuto ricavare ogni anno.
Considerato che il margine medio per la realizzazione dei servizi descritti in questa società è pari ad una media del 30% allora la perdita di chance per 5 anni successivi rispetto al fatto dannoso sarà uguale a € 94.725,00 x 0,30 x 5 = € 142.087,50”.
Considerato che la domanda relativa alla posta risarcitoria in esame è esclusivamente contenuta nelle deduzioni testé trascritte, è evidente che la ricorrente non abbia fornito elementi obiettivi comprovanti la consistenza della chance né dati utili alla sua quantificazione.
Tale domanda va quindi rigettata.
- Alla luce di tutto quanto sin qui considerato, il Collegio ritiene di fare applicazione dell’art. 34, comma 4, c.p.a., a mente del quale: “in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine”, disponendo che l’amministrazione quantifichi, sulla base dei criteri stabiliti ai §5.2, 5.2.1, 5.2.2. e 5.2.3., la somma spettante a titolo risarcitorio alla ricorrente, e rivolga ad essa la relativa offerta dettagliata e motivata, entro il termine massimo di novanta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notifica della presente decisione da parte della ricorrente.
- In conclusione, il ricorso deve essere parzialmente accolto, nei sensi e nei limiti sopra precisati.
- L’accoglimento solo parziale delle domande proposte costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi e nei termini precisati in motivazione, e per l’effetto dispone che l’amministrazione resistente ponga in essere gli adempimenti indicati in motivazione, nei termini ivi fissati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2025 con l’intervento dei magistrati:
Gerardo Mastrandrea, Presidente
Nicola Ciconte, Referendario, Estensore
Valeria Palmisano, Referendario
L’ESTENSORE
Nicola Ciconte
IL PRESIDENTE
Gerardo Mastrandrea
IL SEGRETARIO