Sulla possibilità di superare il termine previsto dall’art. 21 nonies della l. 241/1990, in caso di falsa rappresentazione dei luoghi o della destinazione

TAR LAZIO, SEZ. II QUATER, 1° aprile 2025, n.  6523, Sulla possibilità di superare il termine previsto dall’art. 21 nonies della l. 241/1990, in caso di falsa rappresentazione dei luoghi o della destinazione In accoglimento della tesi del Comune resistente, la sentenza in oggetto afferma che non opera il limite temporale di cui all’art. 21 nonies della l. n. 241/1990, in applicazione del pacifico orientamento giurisprudenziale  per il quale è ammesso il superamento del termine massimo per l’esercizio del potere di autotutela previsto dalla predetta norma laddove il titolo abilitativo sia stato rilasciato sulla base di una falsa o erronea rappresentazione dell’effettivo stato dei luoghi o della destinazione dell’area. (Giudizio seguito dallo Studio AOR per conto dell’ente resistente)

06523/2025 REG.PROV.COLL.

10677/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio 

(Sezione Seconda Quater) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 10677 del 2019, proposto da
Sestilio Bruti, rappresentato e difeso dall’avvocato Cesare Costa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro 

Comune di Bolsena, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Annibali, Andrea Ruffini, Marco Orlando e Matteo Valente, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Annibali in Roma, Via Sistina, n. 48;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Antonio Lisoni e Luigi Sillioni, non costituiti in giudizio; 

per l’annullamento 

– della determinazione prot. n. 4800 del 15 maggio 2019, di annullamento in autotutela dell’autorizzazione paesaggistica n. 55/2014; 

– della determinazione n. 5 del 15 giugno 2019, di annullamento in autotutela della d.i.a. prot. n. 680/2014; 

– e per il risarcimento dei danni subiti; 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati; 

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolsena; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; 

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 21 marzo 2025 la dott.ssa Manuela Bucca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 

 

FATTO 

In data 22 gennaio 2014, il sig. Sestilio Bruti, titolare dell’azienda agricola denominata “Il Casale del Contadino”, ubicata nel Comune di Bolsena, presentava una denuncia di inizio di attività ai fini dell’ampliamento di due fabbricati, consistenti in due corpi edilizi separati di carattere accessorio e pertinenziale all’attività agricola, da realizzarsi ai sensi della l. n. 21/2009 (piano casa regionale) in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi di cui gli artt. 134, comma 1, lett. a) e 136 del d. lgs. n. 42/2004. 

Non avendo la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Roma espresso il parere di cui all’art. 146, comma 8, del d. lgs. n. 42/2004 entro quarantacinque giorni dalla richiesta, con provvedimento n. 55 dell’11 settembre 2014, il Comune di Bolsena autorizzava ai fini ambientali e paesaggistici l’esecuzione delle predette opere. 

Successivamente, il Comune di Bolsena accertava l’insistenza dell’intervento oggetto della d.i.a. in zona A “Aree di tutela del sistema rivierasco lacuale”, sottozona Ai (Tutela integrale) del Piano Paesistico Regionale, approvato con l.r. n. 24/1998, e non, come erroneamente dichiarato dal sig. Bruti, in zona E, sottozona Ei “Area di tutela del sistema bosco-pascolo-vegetazione mista”. 

In conseguenza, con provvedimento prot. n. 5493 del 16 luglio 2015, il Comune di Bolsena annullava in autotutela l’autorizzazione paesaggistica n. 55/2014, posto che, ai sensi dell’art. 17 delle N.T.A. del P.T.P., in zona A “è consentito esclusivamente il mantenimento delle attività agricole esistenti, con esclusione della costruzione di qualsiasi infrastruttura e manufatto anche precario. È consentita la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici esistenti”. 

Con sentenza n. 5799 dell’11 dicembre 2017, il Consiglio di Stato annullava tale ultima determinazione del Comune in quanto l’annullamento d’ufficio era stato disposto senza che fosse stato richiesto alla Soprintendenza di esprimersi in via preventiva, precisando che l’esame di qualsiasi censura attinente al merito della vicenda amministrativa sarebbe potuto avvenire soltanto “nell’ambito del nuovo procedimento di autotutela che l’amministrazione dovrà avviare con l’adeguato coinvolgimento della competente Soprintendenza”. 

In ottemperanza a tale statuizione, con nota prot. n. 8864 dell’11 agosto 2018, il Comune di Bolsena chiedeva alla Soprintendenza di esprimere un parere in ordine alla proposta di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica n. 55/2014. 

Con nota prot. n. 22968-P del 27 novembre 2018, la Soprintendenza dichiarava le opere oggetto dell’intervento “non conformi alla normativa paesaggistica allora e ora vigente” e, quindi, non compatibili dal punto di vista paesaggistico. 

Il parere negativo veniva ribadito dalla Soprintendenza con nota prot. n. 4245 del 27 aprile 2019. 

In conseguenza, tenuto conto del parere negativo dell’Autorità tutoria e non ritenendo condivisibili le osservazioni formulate dal sig. Bruti, il Comune di Bolsena: 

– con determinazione prot. n. 4800 del 15 maggio 2019, annullava in autotutela l’autorizzazione paesaggistica n. 55/2014; 

– con determinazione n. 5 del 15 giugno 2019, annullava in autotutela la d.i.a. prot. n. 680/2014. 

Avverso tali provvedimenti propone ricorso, ritualmente notificato e depositato, il sig. Sestilio Bruti, articolando i seguenti motivi di censura: 

  1. Violazione ed errata applicazione dell’art. 21 nonies della L.n. 241/90, come introdotto dsll’art. 6 della L.n. 124/2015. Eccesso di potere nella forma del difetto di istruttoria e del falso presupposto. Carenza e contraddittorietà della motivazione. Carenza di potere.

Col primo motivo, il ricorrente sostiene l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto sarebbero stati adottati oltre il termine di diciotto mesi di cui all’art. 21 nonies della l. n. 241/1990; 

  1. Violazione ed errata applicazione dell’art. 21 nonies della L.n. 241/90 sotto ulteriore profilo. Eccesso di potere nella forma del difetto di istruttoria. Carenza della motivazione e mera apparenza della stessa.

Col secondo motivo, il ricorrente lamenta l’insufficienza motivazionale dei provvedimenti impugnati, in quanto l’Amministrazione non avrebbe esplicato le ragioni di pubblico interesse sottese all’adozione dei due annullamenti in autotutela né avrebbe tenuto in adeguato conto dell’interesse privato alla realizzazione dell’intervento progettato; 

III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 della L.n. 241/90. Violazione dei principi di trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa. Difetto di istruttoria e di motivazione. Eccesso di potere nella forma della motivazione apparente, perplessa e contraddittoria. 

Col terzo motivo, il ricorrente ribadisce il deficit motivazionale dei provvedimenti impugnati, in quanto l’Amministrazione non spiegherebbe le ragioni per cui non ha ritenuto condivisibili le osservazioni formulate nel corso del procedimento; 

  1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 8 della L.n. 241/90. Eccesso di potere nella forma sintomatica del difetto di istruttoria e della falsità del presupposto.

Col quarto motivo, il ricorrente lamenta che il provvedimento di annullamento in autotutela della d.i.a. n. 680/2014 non sia stato proceduto alla comunicazione di avvio del procedimento; 

  1. Violazione dell’art. 3 della L.n. 241/90. Violazione dell’art. 18 della L.R. Lazio n. 24/98. Violazione della L.R. Lazio n. 08/2012. Difetto di motivazione. Eccesso di potere nella forma del difetto di istruttoria e del falso presupposto. Travisamento dei fatti. Illegittimità derivata.
  2. Violazione dell’art. 3 della L.n. 241/90. Violazione dell’art. 18 L.R. Lazion. 24/98; dell’art. 15 delle N.T.A. del PTP; degli artt. 34, c. 12, e 51 del PTPR. Difetto di motivazione. Eccesso di potere nella forma del difetto di istruttoria e del falso presupposto.

Col quinto e col sesto motivo, il ricorrente sostiene che l’intervento oggetto della d.i.a. sarebbe realizzabile ai sensi dell’art. 18 della l.r. n. 24/98, dell’art. 15 delle N.T.A. del P.T.P. e dell’art. 34, comma 12, e 51 del P.T.P.R., in quanto consistente in un ampliamento per finalità agricole e non, come erroneamente ritenuto, con destinazione residenziale; 

VII. Violazione dell’art. 3 della L.n. 241/90. Violazione dell’art. 18 della L.R. Lazio n. 24/98. Violazione dell’art. 15 delle N.T.A. del PTP. Violazione degli artt. 34, c. 12, e 51 del PTPR. Violazione dell’art. 3, c.1 lett.a) della L.R. Lazio n. 24/98. Violazione dell’art. 1 della L.R. Lazio n. 8/2012. Violazione della L.R. Lazio n. 21/2009. Eccesso di potere per carenza, contraddittorietà e totale erroneità della motivazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e del travisamento dei fatti. Sviamento di potere. 

Col settimo motivo, il ricorrente insiste sulla fattibilità dell’intervento in quanto consentito dalla legge sul piano casa e compatibile con il regime vincolistico vigente; 

VIII. Violazione dell’art. 2043 c.c. Risarcimento del danno ingiusto per gli illeciti annullamenti del titolo paesaggistico e della D.I.A. 

In ultimo, il ricorrente formula domanda risarcitoria nei confronti del Comune in ragione dell’asserita illegittimità dell’attività amministrativa espletata. 

Resiste al ricorso il Comune di Bolsena, deducendone l’infondatezza nel merito. 

All’udienza straordinaria del 21 marzo 2025, svolta in modalità telematica ai sensi dell’art. 87, comma 4 bis c.p.a., la causa è stata posta in decisione. 

DIRITTO 

Il ricorso non è meritevole di accoglimento. 

Innanzitutto, destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso. 

È incontestato che il ricorrente abbia allegato alla d.i.a. una relazione tecnica riportante una classificazione errata dell’area interessata dall’intervento edilizio oggetto del progetto. 

Nello specifico, è stato dichiarato che l’intervento ricadesse in zona E, sottozona Ei, “Area di tutela del sistema bosco-pascolo-vegetazione mista” e non, invece, in zona A, “Aree di tutela del sistema rivierasco lacuale”, sottozona Ai (Tutela integrale). 

Tale rappresentazione dello stato dei luoghi ha sicuramente indotto in errore l’Amministrazione circa la realizzabilità dell’intervento edilizio indicato in progetto. 

In conseguenza, deve ritenersi non operativo il limite temporale di cui all’art. 21 nonies dalla l. n. 241/1990, in condivisione al pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui è ammesso il superamento del termine massimo per l’esercizio del potere di autotutela previsto dalla predetta norma laddove il titolo abilitativo sia stato rilasciato sulla base di una falsa o erronea rappresentazione dell’effettivo stato dei luoghi o della destinazione dell’area (cfr. Consiglio di Stato sez. II, 31 gennaio 2025, n. 762). 

Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso. 

Invero, il Comune ha indicato chiaramente quale ragione giustificativa dei due provvedimenti impugnati l’interesse pubblico alla integrale tutela del sistema rivierasco lacuale; interesse pubblico, ulteriore rispetto a quello di ripristino della legalità e ritenuto superiore rispetto a quello concreto del privato. 

In ogni caso, ricorda il Collegio che “quando un titolo abilitativo sia stato ottenuto dall’interessato in base ad una falsa o comunque erronea rappresentazione della realtà (è) consentito all’amministrazione di esercitare il proprio potere di autotutela, ritirando l’atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 marzo 2019, n. 1795)” (Consiglio di Stato sez. IV, 30 giugno 2023, n. 6387). 

L’onere motivazionale deve, quindi, ritenersi adeguatamente assolto, anche considerando che la d.i.a. è stata presentata ai sensi della l.r. n. 21/2009, come modificata dalla l.r. n. 10/2011, ossia per beneficare degli interventi derogatori, rispetto alla strumentazione urbanistica comunale, previsti dal c.d. “Piano casa”. 

La natura eccezionale della normativa regionale giustifica, in sede applicativa, un particolare rigore da parte dell’Amministrazione comunale nella verifica dei presupposti per l’attuazione degli interventi proposti. 

Quanto al terzo motivo di ricorso, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini del rispetto dell’obbligo di contraddittorio procedimentale, non occorre un’analitica e puntuale confutazione, da parte dell’Amministrazione, di tutti gli argomenti proposti dalla parte, essendo sufficiente che dalla motivazione si evinca che l’Amministrazione ha tenuto conto, nel loro complesso, di quelle osservazioni e controdeduzioni per la corretta formazione della propria volontà (Consiglio di Stato sez. V, 2 ottobre 2024, n. 7933). 

Nel caso di specie, emerge chiaramente che l’Amministrazione, anche per rinvio al parere espresso dalla Soprintendenza, ha esaminato le osservazioni formulate dall’interessato, con conseguente infondatezza del motivo di doglianza. 

Parimenti privo di pregio il quarto motivo di ricorso in quanto, anche qualora fosse mancata la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela della d.i.a., il ricorrente ha presentato osservazioni assunte al prot. n. 4310 in data 30 aprile 2019, così come risultante dal provvedimento impugnato. 

Quanto al quinto, al sesto e al settimo motivo di doglianza (che possono essere esaminati congiuntamente), giova premettere che: 

– nella zona Ai è “consentito esclusivamente il mantenimento delle attività agricole esistenti, con esclusione della costruzione di qualsiasi infrastruttura e manufatto anche precario” (cfr. art. 17 delle N.T.A. del P.T.P. ambito territoriale n. 1 “Viterbo”); 

– la possibilità di derogare alle norme paesaggistiche (P.T.P. e P.T.P.R.) è prevista solo per “la realizzazione di manufatti, strettamente funzionali e dimensionati all’attività agricola e/o alla relativa trasformazione dei prodotti provenienti dalle aziende stesse per almeno il 75%, anche mediante ampliamenti dei fabbricati esistenti, nonché la costruzione di piccoli ricoveri per attrezzi”, in subordine all’approvazione del Piano di Utilizzazione Aziendale e alla produzione di uno Studio di Inserimento Paesistico (cfr. art. 15 delle N.T.A. del P.T.P. ambito territoriale n. 1 -Viterbo e art. 18 della l.r. n. 24/1998). 

Tanto premesso, ritiene il Collegio che gli interventi di ampliamento progettati dal ricorrente non rientrino in quelli consentiti dalla legge in deroga ai vincoli integrali di cui alla Zone Ai, non sussistendo i requisiti della “stretta” funzionalità e dimensionalità con l’attività agricola esercitata. 

A tal riguardo, giova evidenziare che: 

– nella relazione tecnica allegata alla d.i.a., è espressamente dichiarato che l’intervento di ampliamento riguarda due corpi di fabbrica “ad uso residenziale” e che l’ampliamento è consentito ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a) della l.r. n. 10/2011 nella misura massima del 20% “a destinazione residenziale”; 

– ai fini risarcitori, il ricorrente conferma la finalità, non “strettamente funzionale” all’attività agricola, dell’intervento di ampliamento, riguardante “due manufatti che il Bruti stava edificando nella propria azienda agricola a servizio della attività agrituristica svolta sui luoghi” (cfr. ricorso introduttivo). 

Emerge, altresì, ictu oculi, anche dall’esame della documentazione fotografica allegata, che l’ampliamento implica aumento di volume, non consentito “per uso residenziale” ai sensi dell’art. 25 delle P.T.P.R. Lazio, tabella b), “Paesaggio naturale agrario – Disciplina delle azioni/trasformazioni e obiettivi di tutela”. 

Tanto è sufficiente al rigetto del quinto, del sesto e del settimo motivo di ricorso, non essendo necessario esaminare ulteriori asseriti profili d’illegittimità dei provvedimenti impugnati prospettati dal ricorrente (anche con riguardo alla subdelega del Comune in merito ai procedimenti di autorizzazione paesaggistica). 

In definitiva, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato, attesa la legittimità degli atti amministrativi impugnati e la conseguente infondatezza della domanda risarcitoria formulata. 

Le spese di lite possono essere compensate in ragione delle peculiarità della controversia. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. 

Spese compensate. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati: 

Achille Sinatra, Presidente FF 

Francesco Tallaro, Consigliere 

Manuela Bucca, Referendario, Estensore 

L’ESTENSORE

Manuela Bucca 

IL PRESIDENTE

Achille Sinatra

IL SEGRETARIO