Sulla sussistenza della giurisdizione del G.A. per la controversia sull’incameramento della cauzione provvisoria

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, 22 maggio 2025, n. 4424, Sulla sussistenza della giurisdizione del G.A. per la controversia sull’incameramento della cauzione provvisoria La controversia sull’incameramento della cauzione provvisoria rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L’escussione della cauzione provvisoria (a differenza di quella definitiva, che riguarda la corretta esecuzione della commessa), infatti, attiene alla fase di aggiudicazione ossia alla fase strettamente pubblicistica dell’appalto; lo stesso incameramento della cauzione è fortemente dipendente ossia in stretta connessione con il provvedimento propedeutico di esclusione; inoltre, anche il provvedimento di escussione è caratterizzato dall’esercizio di poteri autoritativi. Inoltre, l’incameramento della cauzione provvisoria nelle procedure di gara pubblica non può avvenire in modo automatico e generalizzato in caso di esclusione, ma deve essere oggetto di una motivazione individuale che valuti la concreta condotta dell’operatore economico, in ossequio al principio di proporzionalità sancito dal diritto dell’UE (Giudizio seguito dallo Studio AOR per conto del Consorzio ricorrente) 

04424/2025REG.PROV.COLL.

 06490/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Consiglio di Stato 

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 6490 del 2020, proposto da
Consorzio Leonardo Servizi e Lavori “Società Cooperativa Consortile Stabile” in proprio e quale mandataria RTI con Sof Spa e Concordia Soc. Coop. (mandanti), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Maria Vittoria Ferroni e Marco Orlando, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo di essi in Roma, via Sistina n. 48;
Ph Facility S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Vittoria Ferroni, Eugenio Picozza e Marco Orlando, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del terzo di essi in Roma, via Sistina n. 48; 

contro 

CONSIP s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 

nei confronti 

Gemmo S.p.A., Nagest Global Service S.r.l., Pulitori e Affini S.p.A., Consorzio Servizi Globali Centro Nord Est, Dussmann Service S.r.l., Siram S.p.A., Engie Servizi S.p.A., Consorzio Stabile Energie Locali, Co.L.Ser Servizi S.C.R.L., Consorzio Nazionale Cooperativa Pluriservizi (C.N.C.P.), Consorzio Stabile G.I.S.A., Florida 2000 S.r.l., Elba Assicurazioni S.p.A., tutti non costituiti in giudizio; 

per la riforma 

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 4315/2020, resa tra le parti. 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Consip Spa; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 marzo 2025 il Cons. Massimo Santini e uditi per le parti gli Avv.ti Valenti, in sostituzione di Orlando, Ferroni e l’Avvocato dello Stato Santini; 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 

 

FATTO e DIRITTO 

  1. Si controverte su un appalto di servizi integrati, gestionali ed operativi, relativi agli uffici della pubblica amministrazione centrale e periferica dello Stato. L’appalto viene gestito a livello centrale da CONSIP s.p.a. ed è articolato in 18 lotti.

Consorzio Leonardo (in RTI con PH Facility, CPL Concordia e SOF) partecipava per quanto di interesse in questa sede anche ai lotti nn. 1, 7 e 10 ma veniva escluso, per alcune irregolarità di natura fiscale e contributiva, con provvedimento in data 21 marzo 2019. Con successiva comunicazione in data 25 settembre 2019, CONSIP inoltrava richiesta di escussione della relativa garanzia finanziaria che ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006, ratione temporis applicabile, sarebbe stata incamerata non solo per la mancata stipula del contratto, in caso di aggiudicazione, ma anche in seguito a mera esclusione adottata per una delle cause di cui all’art. 38 dello stesso codice dei contratti allora vigente. Importo della cauzione incamerata: un milione 940 mila euro. Per mero dovere di completezza si evidenzia che lo stesso consorzio partecipava anche al lotto 6 per il quale si classificava al primo posto della graduatoria. Anche in questo caso veniva escluso e l’escussione veniva in ogni chiesta contestualmente al provvedimento di esclusione (e non a distanza di oltre 6 mesi come per i lotti nn. 1, 7 e 10 in cui il consorzio non risultava aggiudicatario). L’esclusione e l’escussione relativi al lotto n. 6 formavano oggetto di separato giudizio rispetto a quello in esame. 

  1. Il TAR Lazio, cui il ridetto Consorzio Leonardo si rivolgeva per opporsi alla ridetta escussione per i suddetti lotti nn. 1, 7 e 10, rigettava il ricorso per le seguenti ragioni: a) l’incameramento della cauzione, anche in caso di mera esclusione dalla gara (ossia anche allorché il concorrente, come del resto nel caso di specie, non sia risultato aggiudicatario della commessa), ha carattere automatico e non può essere altrimenti sindacabile; b) la sollevata questione di tardività della richiesta di escussione (oltre 6 mesi dal provvedimento di esclusione, dunque in violazione dell’art. 1957 c.c.) è questione che appartiene alla cognizione del giudice ordinario. Ciò in quanto si tratterebbe “di accertare l’efficacia delle garanzie prestate al momento in cui viene disposta l’escussione, nonché il tenore delle pattuizioni stabilite in occasione della relativa stipulazione. Tali aspetti, infatti, attengono esclusivamente al rapporto tra la stazione appaltante creditrice e il soggetto garante e, come tali, esulano dalla giurisdizione di questo Plesso”.
  2. La sentenza del TAR Lazio veniva impugnata per erroneità nella parte in cui:

3.1. E’ stato dichiarato il difetto di giurisdizione in ordine alle modalità di incameramento della cauzione; 

3.2. Di conseguenza, erroneità nella parte in cui il giudice di primo grado non ha rilevato la tardività con cui la stazione appaltante avrebbe esercitato il potere di escutere la cauzione, atteso che l’art. 1957, primo comma, c.c. fissa il termine di 6 mesi che in questo caso sarebbero comunque scaduti (provvedimento di esclusione 21 marzo 2019 – comunicazione di escussione 25 settembre 2019); 

3.3. Erroneità in quanto non sarebbe stata rilevata la violazione di legge nella parte in cui non si limita l’escussione al solo primo classificato, con esclusione ossia di tutti gli altri concorrenti i quali non si sono collocati in posizione utile in graduatoria; 

3.4. Erroneità in quanto non è stata registrata la violazione del principio del giusto processo nella parte in cui CONSIP non ha adottato, in via contestuale, provvedimento di esclusione dalla gara e atto di escussione della garanzia provvisoria; 

3.5. Erroneità per violazione del principio del buon andamento della PA in quanto la stessa CONSIP, nelle more del procedimento di gara durato 5 anni circa per via di indagini penali e procedimento Antitrust, ha consentito la proroga dei servizi stessi in favore degli attuali gestori i quali coincidono con i soggetti sottoposti a quelle stesse indagini e quegli stessi procedimenti, così consentendo loro un indebito ritorno economico; 

3.6. Erroneità per omesso rilievo della violazione dei principi dell’autovincolo e del legittimo affidamento nella parte in cui, mentre per il lotto n. 6 (che il consorzio appellante si era inizialmente aggiudicato) il provvedimento di escussione è stato adottato contestualmente a quello di esclusione (e poi gravato dal consorzio ma con separato ricorso rispetto a quello qui in esame), per i lotti nn. 1, 7 e 10 (che il consorzio non si era mai aggiudicato) il provvedimento di escussione è stato adottato in modo piuttosto differito (oltre 6 mesi) rispetto a quello di esclusione, così ingenerando, secondo la tesi di parte appellante, una situazione di legittimo affidamento; 

3.7. Conseguente violazione dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui CONSIP, visto il lungo lasso di tempo intercorso dalla pronunzia di esclusione, non avrebbe ritenuto di esercitare il potere di autotutela onde procedere alla successiva escussione della garanzia provvisoria; 

3.8. Violazione del principio della lex mitior nella parte in cui non sarebbe stata applicata la disposizione di cui all’art. 93 del decreto legislativo n. 50 del 2016 che, sebbene ratione temporis non applicabile alla fattispecie in esame (sorta sotto l’egida del precedente codice dei contratti di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006), prevede tuttavia l’escussione della garanzia provvisoria soltanto per l’aggiudicatario provvisorio e non anche per tutti gli altri concorrenti inseriti in posizione non utile all’interno della graduatoria finale. Trattandosi, dunque, di una disposizione più favorevole rispetto a quella prevista nel Codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, essa avrebbe dovuto essere applicata da Consip anche nel caso di specie, in forza del principio di retroattività della legge più favorevole, seppur in riferimento a una gara bandita antecedentemente alla sua entrata in vigore. Veniva altresì sollevata conseguente questione di costituzionalità. 

  1. Si costituiva in giudizio CONSIP per chiedere il rigetto del gravame.
  2. Con ordinanza n. 3299 del 26 aprile 2021, questa sezione sottoponeva alla Corte costituzionale la questione di compatibilità costituzionale dell’art. 93, comma 6, nella parte in cui non prevede l’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli.
  3. La Corte costituzionale si è definitivamente pronunciata con la sentenza n. 198 del 26 luglio 2022, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale poiché l’incameramento della garanzia provvisoria in caso di esito negativo del controllo a campione ex art. 48 del d.lgs. n. 163/2006 non assume una natura di sanzione “punitiva” e quindi non è applicabile in via retroattiva quale lex mitior.
  4. Con ordinanza n. 3264 del 29 marzo 2023, questa sezione disponeva rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE circa il rispetto o meno del principio di proporzionalità e di ragionevolezza nonché di libera concorrenza, di cui alle norme del Trattato dell’Unione europea, in capo a talune disposizioni del codice dei contratti (di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006) nella parte in cui dispongono l’incameramento automatico della cauzione provvisoria, peraltro di rilevantissimo importo (nel caso di specie quasi due milioni di euro), quale conseguenza ineludibile dell’esclusione da una gara ed anche nell’ipotesi in cui lo stesso operatore escluso non risulti aggiudicatario della gara in questione.
  5. Sulla questione dell’incameramento automatico della cauzione si è espressa la Corte di giustizia UE che, con sentenza del 26 settembre 2024, che su vicenda del tutto analoga ha affermato in estrema sintesi che: a) è vero che l’incameramento della cauzione, in caso di esclusione dalla gara, risponde a criteri di responsabilizzazione dell’impresa stessa che partecipa alla gara impegnando risorse tecniche, finanziarie ed amministrative della PA; b) è anche vero che l’importo a tal fine previsto risulta “manifestamente eccessivo”; c) a tal fine non sono dunque compatibili con il diritto UE meccanismi di applicazione automatica della suddetta cauzione la quale potrà essere irrogata, sì, ma soltanto in base ad una “motivazione individuale” circa il comportamento tenuto dalla singola impresa concorrente e dunque anche in ossequio al fondamentale principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.
  6. In vista della pubblica udienza conclusiva, con memoria in data 17 febbraio 2025 l’Avvocatura erariale faceva presente che l’esecuzione di tale sentenza della Corte di giustizia UE non sarebbe possibile in quanto la PA non dispone di un quadro di criteri onde poter graduare la natura ed il livello delle singole responsabilità. La stessa Avvocatura erariale faceva altresì presente che i sei mesi stabiliti dall’art. 1957, primo comma, c.c. per disporre l’escussione decorrerebbero non dall’evento dannoso per il creditore (mancata stipulazione del contratto con la stazione appaltante) ma, piuttosto, dalla scadenza dell’obbligazione principale che, nel caso di specie, era stata conclusivamente fissata dopo diverse proroghe al 28 marzo 2019: di qui la ritenuta tempestività della richiesta di escussione del successivo 25 settembre 2019. In ogni caso, data la distinzione tra fideiussione in senso proprio, che è garanzia accessoria ed assicura la stessa obbligazione assunta in via principale, e contratto autonomo di garanzia, che ha natura solamente indennitaria (ossia non garantisce la stessa obbligazione assunta in via principale), il richiamato art. 1957 c.c. (che testualmente si riferisce alla sola “fideiussione”) non si applicherebbe anche al secondo dei ridetti istituti (contratto autonomo di garanzia) ma soltanto al primo di essi ossia alla fideiussione in senso stretto.
  7. Con memoria in data 18 febbraio 2025 la difesa di parte appellante (Consorzio Leonardo) insisteva per l’accoglimento dell’appello vuoi sotto il profilo del ritardo con cui era stata disposta la ridetta escussione della garanzia provvisoria, vuoi sotto il profilo dell’illegittimo incameramento automatico della cauzione stessa, e ciò proprio alla luce della ridetta sentenza della Corte di giustizia in data 26 settembre 2014 la quale aveva affrontato un caso del tutto analogo a quello di specie.
  8. Alla pubblica udienza del 6 marzo 2025 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.
  9. L’appello formulato dal Consorzio Leonardo si rivela fondato nei sensi e per le ragioni di seguito indicate.
  10. Il primo motivo di appello, mediante il quale si lamenta l’erronea dichiarazione di difetto di giurisdizione circa il provvedimento del 25 settembre 2019 con cui l’amministrazione ha disposto l’incameramento della cauzione provvisoria, si rivela fondato sulla base della giurisprudenza di seguito riportata che riconosce la piena competenza in materia del GA. Più in particolare:

- “L’incameramento della cauzione è una conseguenza del provvedimento autoritativo cui accede (decadenza per mancata stipulazione, ovvero, più comunemente, per esclusione dalla gara) ed in questa prospettiva la sua cognizione è attratta alla giurisdizione del giudice amministrativo (mentre esulerebbe dalla sua giurisdizione il sindacato sulla determinazione del quantum, ovvero sui profili attinenti al rapporto garante-creditore)” [Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2024, n. 1798]; 

- “in materia di appalti pubblici, la L. n. 205 del 2000, artt. 6 e 7 hanno attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative alla procedura di affidamento dell’appalto, mentre quelle concernenti la fase di esecuzione del contratto sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, dato che concernono i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto”. Pertanto: “la questione concernente l’incameramento della cauzione non attiene alla fase esecutiva del rapporto (cfr per esempio SU 11142/17), mai sorto, con il concorrente, ma alla fase deliberativa dell’aggiudicazione, in cui si configurano poteri pubblicistici della stazione appaltante”. Ed ancora: “La sorte della cauzione è … dipendente dalla adozione del provvedimento amministrativo di esclusione dalla gara, manifestazione di poteri autoritativi, che ne è il presupposto e alla cui legittimità occorre aver riguardo” (così Cass. civile, sez. un., 11 gennaio 2019, n. 540); 

- “La controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, lett. e), n. 1, Cod. proc. amm. … poiché l’escussione della garanzia per la mancata stipulazione del contratto … è atto della stazione appaltante inerente all’aggiudicazione dell’appalto, che rientra nella fase procedimentale ad evidenza pubblica di scelta del contraente (cfr. Cass., S.U., 27 febbraio 2007, n. 4424)” [Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2018, n. 1695] 

- “il provvedimento di escussione della cauzione … in quanto direttamente conseguente a quello di esclusione dalla gara, inerisce alla fase procedimentale di aggiudicazione dell’appalto e si profila esso stesso come atto autoritativo, in ragione del suo collegamento strutturale e funzionale con la delibera di esclusione: la relativa controversia è pertanto da ricondurre a quelle in tema di procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture che la L. n. 205 del 2000, art. 6, comma 1, affida alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo” (Cass. civile, sez. un., 27 febbraio 2007, n. 4424). 

Dunque, in estrema sintesi: 

  1. a) l’escussione della cauzione provvisoria (a differenza di quella definitiva, che riguarda la corretta esecuzione della commessa) attiene alla fase di aggiudicazione ossia alla fase strettamente pubblicistica dell’appalto;
  2. b) lo stesso incameramento della cauzione è fortemente dipendente ossia in stretta connessione con il provvedimento propedeutico di esclusione;
  3. c) anche il provvedimento di escussione è in questo modo caratterizzato dall’esercizio di poteri autoritativi;
  4. d) di qui la pacifica giurisdizione del giudice amministrativo circa la correttezza dell’operato della PA la quale decida di escutere la cauzione provvisoria.

Da quanto sopra detto consegue l’accoglimento della prima censura di appello e dunque l’affermazione della giurisdizione del GA sul tema dell’incameramento della cauzione provvisoria. 

  1. La questione della tardività con cui CONSIP ha provveduto all’incameramento della cauzione (secondo motivo di appello) si rivela anch’essa fondata, e dunque da accogliere, in via persino assorbente rispetto a tutto il resto delle sollevate censure. E ciò dal momento che:

14.1. L’art. 1957, primo comma, c.c. stabilisce che l’incameramento della cauzione debba essere richiesta entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione; 

14.2. Ebbene il provvedimento di esclusione è stato disposto in data 21 marzo 2019, laddove l’incameramento della cauzione soltanto il successivo 25 settembre 2019 (dunque con quattro giorni di ritardo); 

14.3. Per l’Avvocatura dello Stato i sei mesi scatterebbero tuttavia non dalla esclusione dalla gara (21 marzo 2019) ma dalla scadenza dell’offerta (28 marzo 2019). In questo caso l’incameramento della cauzione sarebbe tempestivo; 

14.4. Osserva in ogni caso il collegio che, come pure evidenziato dalla Corte di cassazione (cfr. sez. III n. 8399 del 29 aprile 2020) questo tipo di “polizza fideiussoria”, da qualificare alla stregua di “contratto autonomo di garanzia” e seguendo, per tale via, la tesi della Avvocatura erariale, va considerato come una sorta di fideiussio indemnitatis … nella quale la funzione di garanzia viene piuttosto a porsi in via (succedanea e secondaria sì, ma) del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione”. Pertanto: “La sua funzione è di tipo reintegratorio”. Cauzioni di questo tipo sono infatti dirette a garantire una forma di indennizzo, in favore del creditore, in conseguenza di un qualche inadempimento del debitore (in questo caso si tratterebbe della violazione degli obblighi di correttezza nella fase precontrattuale). Dunque la garanzia costituita consisterebbe in una forma di “riparazione succedanea” e non in un “adempimento sostitutivo”. La stessa Corte di cassazione (cfr. sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947) ha avuto modo di osservare che, in tali ipotesi: “la prestazione dovuta dal garante è qualitativamente diversa da quella dovuta dal debitore principale, essendo (non quella di assicurare l’adempimento della prestazione dedotta in contratto ma) semplicemente quella di assicurare la soddisfazione dell’interesse economico del beneficiario compromesso dall’inadempimento”; 

14.5. In altre parole si garantisce non la corretta esecuzione dell’obbligazione ma, piuttosto, il danno che si crea per la violazione di un obbligo di natura precontrattuale. In questi termini, il contratto autonomo di garanzia differisce dalla fideiussione in senso stretto in quanto “mentre il fideiussore è debitore allo stesso modo del debitore principale e si obbliga direttamente ad adempiere, il garante si obbliga (non tanto a garantire l’adempimento, quanto piuttosto) a tenere indenne il beneficiario dal nocumento per la mancata prestazione del debitore, spesso con una prestazione solo equivalente e non necessariamente corrispondente a quella dovuta” (Cass. civile, sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947). Ed infatti, nel “contratto autonomo di garanzia … la … causa concreta è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no” (sul punto si veda ancora Cass. civile, sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947, cit.); 

14.6. La Corte di cassazione, nella citata sentenza n. 8399 del 2020, afferma inoltre che, poiché si tratta come detto di “riparazione succedanea” e non di “adempimento sostitutivo”, “l’ulteriore conseguenza [è] che l’obbligazione del garante non diviene attuale prima dell’inadempimento della (diversa) obbligazione principale, verificatosi il quale sorge l’obbligo secondario del “risarcimento” del danno (rectius, dell’indennizzo conseguente all’inadempimento) (Cass., Sez. Un., 18/02/2010 n. 3947)”. L’obbligo del garante scatta pertanto dall’inadempimento dell’obbligato in via principale che non necessariamente coincide con la scadenza dell’obbligazione stessa. Da tanto consegue che da tale stesso momento (inadempimento del soggetto obbligato) scatta altresì il predetto termine semestrale ex art. 1957, primo comma, c.c., onde pretendere la prestazione succedanea da parte del garante stesso; 

14.7. Riassumendo: il momento da cui tale garanzia deve essere fatta valere coincide con l’inadempimento dell’obbligazione, inadempimento il quale concretizza la circostanza dannosa per la parte creditrice del rapporto obbligatorio (nel caso di specie CONSIP), e non con la scadenza in senso stretto dell’offerta la cui finalizzazione è ormai divenuta impossibile per via del conclamato inadempimento contrattuale dell’obbligato; 

14.8. Entro questi stessi termini, l’evento dannoso corrisponde al momento in cui termina la partecipazione alla gara dell’operatore economico concorrente per un fatto a lui ascrivibile. E il momento in cui si accerta l’avvenuto inadempimento non può che essere quello in cui la stazione appaltante dispone l’esclusione dalla gara (per la accertata violazione di obblighi contributivi e fiscali, almeno nel caso di specie), momento dal quale scaturisce altresì l’impossibilità di sottoscrivere il contratto con la stazione appaltante. Del resto, come correttamente evidenziato dalla difesa della parte appellante “l’esclusione rappresenta il termine della gara per il soggetto escluso e comporta di conseguenza la decadenza della sua offerta” (pag. 15 della memoria in data 18 febbraio 2025). In questa specifica direzione: l’esclusione dalla gara comporta come diretta conseguenza l’impossibilità di divenire aggiudicatario e dunque anche l’inadempimento che fa scattare, per le ragioni di cui sopra, il dies a quo del termine semestrale di cui all’art. 1957, primo comma, c.c.; 

14.9. A ciò si aggiunga che la distinzione tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia (le c.d. garanzie a prima richiesta e senza eccezioni con cui il garante assume l’impegno di pagare al beneficiario della garanzia sulla base della semplice richiesta del creditore e rinunciando ad opporre le eccezioni relative al rapporto garantito) pur suggestivamente elaborata dalla avvocatura erariale (la quale ritiene inapplicabile l’art. 1957 c.c. tout court al contratto autonomo di garanzia) non sortisce alcun effetto ai fini di cui si discute. Si segnala a tale specifico riguardo l’ordinanza della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione n. 5598 del 28 febbraio 2020 in cui è stato affermato che: “la deroga all’art. 1957 c.c. non può ritenersi implicita neppure laddove sia inserita, all’interno del contratto di fideiussione, una clausola di “pagamento a prima richiesta”, o altra equivalente, non solo perché la disposizione è espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, può essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia assente, ma anche perché una tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, a una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c. (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziaria. Ne consegue che, non essendo la clausola di pagamento “a prima richiesta” incompatibile con l’applicazione dell’art. 1957 c.c., spetta al giudice di merito accertare la volontà in concreto manifestata dalle parti con la sua stipulazione”. 

Il principio enunciato dai giudici di legittimità può sintetizzarsi nel fatto che l’art. 1957 c.c. si applica in generale ad ogni tipologia di garanzia, dunque anche al di fuori del puro ambito fideiussorio. 

Pertanto detto termine semestrale di decadenza non verrà meno neppure quando simili “fideiussioni” vengano in realtà qualificate alla stregua di veri e propri contratti autonomi di garanzia. 

A tale specifico riguardo si osserva che il contratto di garanzia esibito nel caso di specie (documenti 7, 8 e 9 depositati in primo grado in data 29 ottobre 2019), oltre alla deroga del beneficio della previa escussione dell’obbligato principale nonché all’obbligo di pagamento “a semplice richiesta”, contempla all’art. 4 (Escussione della garanzia) la deroga al secondo comma ma non anche al primo comma dell’art. 1957 c.c. il quale prevede, come detto, la decadenza semestrale per procedere alla escussione della garanzia. Termine di decadenza che, non essendo stato espressamente derogato, nel caso di specie doveva allora ritenersi doverosamente applicabile secondo i suddetti indirizzi ermeneutici della Corte di cassazione. E tale termine, per quanto riportato al punto 14.2., sempre nel caso di specie è infruttuosamente spirato sebbene di soli quattro giorni. 

14.10. Ricapitolando: 

  1. a) la garanzia esibita nell’appalto di cui si controverte va ascritta al novero dei “contratti autonomi di garanzia”;
  2. b) in tali ipotesi, la funzione svolta dai suddetti contratti di garanzia è quella di assicurare una “riparazione sostitutiva” (e non un “adempimento doveroso”);
  3. c) il momento da cui far scattare il termine per pretendere l’escussione di tale garanzia coincide con quello in cui si verifica l’evento dannoso per il creditore (nel caso di specie: la stazione appaltante ossia CONSIP);
  4. d) l’evento dannoso scaturisce a sua volta dall’inadempimento del debitore ossia del concorrente (il garantito);
  5. e) l’inadempimento del debitore, almeno secondo l’impostazione del codice dei contratti, si traduce nella impossibilità di sottoscrivere il contratto;
  6. f) l’impossibilità di sottoscrivere il contratto, almeno nel caso di specie, è conseguenza diretta dell’esclusione dalla gara disposta per fatto (e a carico) dell’operatore economico (ossia il garantito);
  7. g) dal momento dell’esclusione, da cui è scaturita l’impossibilità di sottoscrivere il contratto e dunque l’inadempimento dell’operatore escluso, scatta allora il termine di sei mesi di cui al primo comma dell’art. 1957 c.c. onde pretendere l’escussione della garanzia;
  8. h) tale disposizione codicistica (art. 1957, primo comma, c.c.) trova applicazione anche per i contratti autonomi di garanzia allorché, come pure nel caso di specie, non venga disposta una espressa deroga in tal senso;
  9. i) nella controversia in esame tale termine semestrale è stato pacificamente superato.

14.11. Alla luce di quanto sopra considerato lo specifico motivo di appello deve dunque essere accolto, stante la conclamata tardività con cui è stato adottato il gravato atto di incameramento della cauzione provvisoria, e tanto con effetti assorbenti anche sulla descritta censura riguardante l’automatico e sproporzionato incameramento della cauzione provvisoria. 

  1. In conclusione il ricorso in appello, si ripete assorbita ogni altra censura, è fondato e deve essere accolto nei sensi di cui alle ragioni sopra evidenziate. La complessità delle esaminate questioni induce il collegio a compensare integralmente tra tutte le parti costituite le spese del presente giudizio.

P.Q.M. 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, accoglie altresì il ricorso di primo grado e annulla la comunicazione CONSIP del 25 settembre 2019. 

Spese compensate. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati: 

Diego Sabatino, Presidente 

Stefano Fantini, Consigliere 

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere 

Elena Quadri, Consigliere 

Massimo Santini, Consigliere, Estensore 

L’ESTENSORE

Massimo Santini

IL PRESIDENTE

Diego Sabatino

IL SEGRETARIO