Sulla sussistenza o meno dell’onere motivazionale per le scelte effettuate dall’amministrazione nell’adozione del piano regolatore generale o di una sua variante

Le scelte spettanti all’ente locale in tema di governo del territorio, allorquando si esprimano con atti generali ed astratti, quale, nel caso di specie, del piano regolatore generale o di una sua variante o di discrezionalità tecnica, non vanno motivate essendo caratterizzate da un alto tasso di discrezionalità tecnica. L’intervento urbanistico generale, infatti, richiede una motivazione specifica, nei soli due casi di precedente convenzione di lottizzazione o di accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i proprietari delle aree, e del privato che abbia ottenuto un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o di un silenzio-rifiuto su una domanda edilizia, in ordine alla pretesa di variante di nuove previsioni urbanistiche rilevanti in quanto sopravvenute nel corso del giudizio.

03261/2025REG.PROV.COLL.

02180/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2180 del 2022, proposto dalla società Il Polaresco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Paolo Bonomi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bergamo, via Antonio Ghislanzoni n. 41;

contro

Comune di Bergamo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Silvia Mangili, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) n. 654/2021.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Bergamo;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 2 aprile 2025 il Cons. Sergio Zeuli e uditi per le parti gli avvocati in collegamento da remoto Bonomi e Mangili.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

  1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso proposto dalla parte appellante avverso la deliberazione del Consiglio comunale di Bergamo n.152 dell’11 dicembre del 2017 con la quale è stata approvata in via definitiva una variante al PGT, la variante n.10, oltre a tutti gli atti conseguenti e connessi, che ha inciso, eliminandola, sull’originaria destinazione edificatoria dell’area in sua proprietà.

Avverso la decisione sono dedotti i seguenti motivi di appello:

  1. a) Error in iudicando per mancata pronuncia su di un aspetto fondamentale della vertenza – Travisamento dei fatti e delle prove dedotte in giudizio. Violazione e falsa applicazione di legge: art.13 L.R. 12/2005; legge 1150/1942; art. 41, 42 e 97 della Costituzione; art. 3 L.n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto ed incongruenza della motivazione della scelta urbanistica violativa dell’aspettativa qualificata del privato, difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti; manifesta illogicità ed inosservanza di principi di proporzionalità, tutela dell’affidamento e ragionevolezza; sviamento dalla causa tipica dell’atto;
  2. b) Error in iudicando per mancata pronuncia su di un aspetto fondamentale della vertenza – Travisamento dei fatti e delle prove dedotte in giudizio. Violazione e falsa applicazione di legge: art.13 L.R. 12/2005; legge 1150/1942; art. 41, 42 e 97 della Costituzione; art. 3 L. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto ed incongruenza della motivazione della scelta urbanistica violativa della aspettativa qualificata del privato, difetto di istruttoria, travisamento dei presupposti e contraddittorietà; manifesta illogicità ed inosservanza di principi di proporzionalità, tutela dell’affidamento e ragionevolezza; sviamento dalla causa tipica dell’atto;
  3. c) Error in iudicando per mancata pronuncia su di un aspetto fondamentale della vertenza – Travisamento dei fatti e delle prove dedotte in giudizio. Violazione di legge; eccesso di potere per illogicità, violazione dei principi generale di proporzionalità, efficacia.
  4. d) Error in iudicando per mancata pronuncia su di un aspetto fondamentale della vertenza – Travisamento dei fatti e delle prove dedotte in giudizio. Violazione e falsa applicazione di legge: art.13 L.R. 12/2005; L.R. 31/2014; legge 1150/1942; art. 41, 42 e 97 della Costituzione; art. 3 L. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto ed incongruenza della motivazione, difetto di istruttoria, travisamento dei presupposti e contraddittorietà; manifesta illogicità ed inosservanza di principi di proporzionalità, tutela dell’affidamento e ragionevolezza; sviamento dalla causa tipica dell’atto;
  5. e) Error in iudicando per mancata pronuncia su di un aspetto fondamentale della vertenza – Travisamento dei fatti e delle prove dedotte in giudizio. Violazione e falsa applicazione di legge: art.13 L.R. 12/2005; L.R. 31/2014; legge 1150/1942; art. 41, 42 e 97 della Costituzione; art. 3 L. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto ed incongruenza della motivazione, difetto di istruttoria.
  6. Si è costituito in giudizio il comune di Bergamo, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.
  7. Con la deliberazione n.152, l’11 dicembre del 2017, il Consiglio comunale di Bergamo ha approvato una variante generale al Piano di Governo del Territorio (Variante 10), riclassificando il terreno in proprietà della parte appellante, di superficie pari a circa 15.400 metri quadri, da zona NE (Interventi di Nuova Edificazione a volumetria definita, con un massimo di 15.200 mc da destinarsi a funzioni terziarie per attività, ricettive e residenza sociale) a zona V5 (Verde di valore ecologico).

La parte appellante ha gravato la relativa determinazione, sostenendo di aver maturato una legittima aspettativa al mantenimento dell’originaria destinazione urbanistica, avendo, in epoca precedente all’approvazione, proposto a più riprese la realizzazione di un percorso ciclopedonale di collegamento tra il comparto ospedaliero e la Cascina Polaresco, mediante l’utilizzo del ponte della ferrovia.

Nella sua prospettiva detto comportamento esprimerebbe, per facta concludentia, l’intenzione di valersi della relativa regolazione, con conseguente definitiva acquisizione alla sua sfera patrimoniale, in tesi avvenuta prima dell’intervento in variante, della corrispondente pretesa.

Oltre alla lesione dell’affidamento, la parte ha dedotto altri vizi, di violazione di legge e di eccesso di potere, avverso la variante generale sopra-descritta.

Come detto, il primo giudice ha rigettato il ricorso, ritenendo infondati gli argomenti dedotti a suo sostegno.

  1. In via preliminare va osservato che l’interesse della parte appellante alla coltivazione del presente gravame residua ai soli fini di un eventuale risarcimento dei danni, come da domanda già proposta in primo grado.

Infatti, la parte appellata ha rappresentato che l’assetto urbanistico dell’area in proprietà della parte è ulteriormente mutato, a seguito della deliberazione del Consiglio comunale n.59 del 16 ottobre del 2023, che ha adottato il nuovo PGT del comune di Bergamo, in adeguamento a quanto previsto dai commi 3 e 4 dell’art.5 della L.R. Lombardia n.31/2014 e ss. mod. .

In ragione della nuova classificazione, l’area risulta oggi come periurbana di salvaguardia e di mitigazione ambientale, APS, disciplinata, in quanto tale, dall’art.66 delle NTA del Piano delle Regole, che l’ha inserita tra le aree esterne al perimetro del Parco dei Colli, così assoggettandola a vincolo paesaggistico, in forza della Variante al Piano territoriale di Coordinamento (PTC) approvata con deliberazione G.R. n. XI/7067 del 10/10/2022.

A fronte di questa nuova classificazione – che riconferma la scelta, in questa sede discussa, di non ripristinare l’edificabilità sul comparto in oggetto – la parte appellante non ha presentato osservazioni.

E poiché, con successiva deliberazione consiliare n.24 dell’11 aprile del 2024, il nuovo PGT è stato definitivamente approvato, divenendo efficace il 6 novembre del 2024 – non risultando che la parte abbia tempestivamente presentato ricorso avverso le previsioni contenute in quest’ultimo – la suddetta classificazione è divenuta definitiva, il che, a sua volta, esclude sia tuttora ravvisabile, in capo alla medesima, l’interesse all’eliminazione dal mondo giuridico della determinazione originariamente impugnata, che, in seguito alla suddetta sopravvenienza, è oramai priva di effetti.

Dunque residua, in capo alla medesima, come si diceva, al più un interesse connesso al possibile risarcimento dei danni recati da provvedimento illegittimo.

  1. Sempre in via preliminare, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità, per genericità, del terzo e del quarto motivo di appello, opposte dalla parte appellata.

5.1. Innanzitutto, i suddetti motivi esprimono, sia pure in sintesi, le ragioni di criticità che la parte appellante ha rilevato nella decisione impugnata, presentando pertanto gli elementi minimi utili a vagliare l’attendibilità delle relative censure e procedere alla loro delibazione.

5.2. In ogni caso, le suddette doglianze, come dimostra anche il seguito della presente motivazione, vanno lette in raccordo sistematico con le altre pure articolate col gravame, che, in modo più puntuale, descrivono gli elementi di fatto e di diritto richiamati anche dai due motivi in questione, il che consente di meglio precisare la portata di questi ultimi, rendendoli esaurienti e pienamente intellegibili al vaglio giurisdizionale.

  1. Venendo al merito, il primo motivo d’appello contesta il difetto di motivazione dell’atto impugnato, sostenendo che l’amministrazione avrebbe dovuto specificamente argomentare la sua scelta di sottrarre l’area alla destinazione edificatoria originariamente impressa, perché, con essa, aveva apportato una modifica sostanziale al previgente regime edilizio, incidendo sulla legittima aspettativa della parte, che avrebbe dovuto essere messa a conoscenza, in modo puntuale, delle ragioni di siffatto ripensamento.

La doglianza in esame precisa che il mutamento del regime dell’area, intervenuto a breve distanza di tempo dalle precedenti scelte urbanistiche che contenevano una qualificazione radicalmente diversa, ha disorientato la parte appellante che nel frattempo aveva affrontato notevoli investimenti per presentare alla P.A. alcune proposte attuative, in base alla precedente destinazione.

Del resto, non per cause imputabili alla proponente, ma per ostacoli frapposti dal comune appellato, non era stato possibile addivenire ad una sollecita conclusione dell’iter che comunque la parte aveva avviato per rendere attuale la destinazione impressa sull’area dal previgente regime regolativo.

Con lo stesso motivo, si contesta la qualificazione, che, sia il comune che il TAR, hanno riservato alle domande presentate dalla parte quali proposte preliminari di piano, dal momento che i requisiti previsti per queste ultime prevedono la necessità di presentare solo sei documenti, mentre viceversa la parte aveva depositato ben 23 elaborati tecnici, che descrivevano, nel dettaglio, le opere di urbanizzazione e le sezioni ambientali, ossia elementi che si confanno piuttosto, in modo inequivoco, ad un piano attuativo. E che dunque tale aveva da essere la relativa qualificazione.

A fronte di tali elementi, si aggiunge, il Comune avrebbe dovuto pronunciarsi entro 90 giorni, viceversa, soprattutto con riferimento alla domanda presentata nel 2013, il procedimento si era prolungato per moltissimo tempo, a cagione di un comportamento della parte appellata non sempre improntato ai principi di leale cooperazione.

Tali circostanze, aggiunte alla constatazione che sull’area, in base alla nuova regolazione, era stata impressa una inattuabile destinazione a verde privato, con divieto dell’uso agricolo del terreno, suffragherebbe la pretesa della parte appellante, nei limiti in cui è stata, sin dal primo momento, prospettata

Il terzo motivo d’appello – che può essere trattato unitamente al primo – contesta la violazione dell’art.9.2.3. delle norme del piano, previsione che l’amministrazione non ha inteso applicare nel caso di specie, malgrado contenesse misure di salvaguardia, ossia la conservazione della destinazione urbanistica originariamente impressa, per gli ambiti territoriali per i quali, alla data di adozione della variante del PGT, era in corso il procedimento di approvazione del piano attuativo, a condizione che intervenisse la definitiva approvazione prima di quella avente ad oggetto la variante al PGT.

6.1. Entrambi i motivi sono infondati. A tal fine va preliminarmente ricostruita la trama dei rapporti giuridico-amministrativi intercorsi tra le parti.

6.1.1. Una prima proposta di schema preliminare di piano attuativo è stata presentata dalla parte appellante, l’11 aprile del 2013, con una domanda che è stata integrata il 17 maggio successivo.

Ritenendo incompleta la pratica, l’amministrazione aveva chiesto al proponente, che non aveva ottemperato all’incombente, un’integrazione documentale. Sicché, dopo avere, con la nota del 12 luglio del 2013, temporaneamente sospeso il procedimento, il 17 agosto del 2016 il comune aveva disposto l’archiviazione della domanda per improcedibilità.

6.1.2. Con istanza del 29 settembre del 2016, integrata l’11 novembre successivo, la parte aveva allora riproposto uno schema preliminare di piano attuativo.

Essendo difforme da quanto previsto nella scheda “Ne23”, dunque dovendosi qualificare essa stessa come iniziativa che contempla un intervento in variante rispetto al PGT, ma anche perché, nel frattempo, era sopravvenuta la Delibera di Giunta Comunale n.0187-16 Reg. G.C. del 26 maggio del 2016 – che elaborava la proposta della Variante VARPGT10, in merito alla ripianificazione degli interventi di NE su aree libere che conteneva in nuce le ragioni di contrasto con la precedente destinazione – detta proposta era oggetto di parere negativo emesso il 23 dicembre del 2016, tempestivamente trasmesso alla parte. Atto quest’ultimo che concludeva, in termini di rigetto, anche il secondo procedimento.

6.1.3. Sicché, il 10 febbraio del 2017, la parte appellante presentava un’ulteriore proposta di schema preliminare, che ancora risultava non conforme alle previsioni della scheda relativa alla Ne23, sicché, il 5 maggio del 2017, veniva archiviata anche questa ulteriore domanda, in considerazione delle medesime motivazioni contenute nel precedente provvedimento; in sostanza nello schema di progetto proposto residuavano le criticità già riscontrate in passato.

6.2. E’ bene osservare che, in tutte e tre le richieste– ad onta delle rivendicazioni avanzate in questa sede dalla parte – le relative domande sono qualificate, dalla parte stessa, quali “proposte di schema preliminare Piano attuativo Ne23”; la prima di esse è così definita (anche) nell’elenco di cui al foliario allegato al ricorso di primo grado.

Dunque la loro natura prodromica rispetto ad una vera e propria proposta di piano conferma quanto ritenuto dal primo giudice in relazione all’insussistenza, in esse, di un profilo negoziale rivelante, in tesi, per facta concludentia, l’intenzione della parte di ritenere acquisita la relativa pretesa nel proprio patrimonio giuridico, e conseguente sua intangibilità rispetto alle modifiche sopraggiunte all’esito della nuova determinazione regolativa dell’amministrazione.

Ammesso che detta manifestazione unilaterale di volontà sia, di per sé sola, in diritto idonea a stabilizzare una pretesa derivante da una regolazione poi soppressa, che – finché non viene esercitata dal privato, ed accolta dall’amministrazione – rimane, verosimilmente, di mero fatto.

6.3. La natura meramente preparatoria che presentavano le iniziative della parte– unita alla considerazione che è stata espressamente dichiarata l’improcedibilità con riguardo a tutte le proposte di schema preliminare del Piano attuativo – esclude, di poi, che ricorressero i presupposti per poter invocare la previsione di cui all’art.9.2.3. delle norme del piano, che esigeva, per far scattare le misure di salvaguardia, che l’iter attuativo del piano dovesse essere avviato e la relativa delibera approvata, prima dell’entrata in vigore della variante generale modificativa, entrambi eventi che non si erano affatto verificati nel caso di specie. Il che, conseguentemente, dequota, rendendolo infondato, anche il terzo motivo d’appello.

6.4. Venendo alla contestata eccessiva durata del procedimento, la relativa doglianza può essere sollevata, a tutto concedere, solo con riferimento alla domanda presentata l’11 aprile del 2013, che è stata definitivamente esitata dall’amministrazione solo nel 2016, dal momento che entrambi i successivi dinieghi sono tempestivamente giunti entro 90 giorni dalla domanda, ossia in un tempo ragionevole, non foriero, di per sé, di danni significativi alla sfera giuridica privata.

Tuttavia, con riferimento a questa prima richiesta, come già osservato, la sospensione del procedimento è stata dovuta, non a inerzia e/o ostacoli addebitabili all’autorità procedente, ma piuttosto alle carenze documentali della domanda, che furono tempestivamente contestate dall’amministrazione che, al contempo sospese il procedimento per evitare che i relativi termini decorressero in danno del proponente.

Le ragioni dell’adozione di tale ultima misura, dunque, escludono l’addebitabilità del ritardo all’amministrazione che anzi, in modo commendevole, ha temporaneamente congelato il decorso procedimentale proprio per consentire all’interessato di produrre i documenti richiesti.

La quale constatazione dequota definitivamente le doglianze in esame.

6.5. Sebbene quanto precede sia sufficiente ad escludere che, in capo alla parte appellante, residuasse un legittimo affidamento alla conservazione del regime giuridico originariamente impresso sull’area in sua proprietà, vale ancora ricordare che il motivo in esame è vieppiù fallace perché omette di considerare che le scelte spettanti all’ente locale in tema di governo del territorio, allorquando si esprimano con atti generali ed astratti, quale, nel caso di specie, l’adozione di una variante generale, non vanno motivate essendo caratterizzate da un alto tasso di discrezionalità tecnica.

In proposito l’Adunanza Plenaria n.24 del 1999 ha affermato che il provvedimento di approvazione del piano regolatore generale o di una sua variante generale compartecipano della natura di atto generale e di atto normativo “nel quale le scelte urbanistiche di carattere generale non devono, di massima, essere sorrette da altra motivazione oltre quella che è dato evincere dall’esame dei criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione del piano”, riconoscendo che l’intervento urbanistico generale richiede una motivazione specifica, nei soli due casi di precedente convenzione di lottizzazione o di accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i proprietari delle aree, e del privato che abbia ottenuto un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o di un silenzio-rifiuto su una domanda edilizia, in ordine alla pretesa di variante di nuove previsioni urbanistiche rilevanti in quanto sopravvenute nel corso del giudizio.

E poiché nessuno di questi casi ricorre nel caso di specie – quanto al primo di essi si è già ricordato che la domanda contenente la proposta preliminare di un piano di attuazione non può considerarsi in senso tecnico una proposta, il che, a maggior ragione, esclude che fosse intervenuto un accordo fra le parti – si può definitivamente respingere la tesi secondo cui, nel momento in cui intervenne la modifica del regime urbanistico dell’area, esistesse una pretesa giuridica della parte a non vedere modificata l’originaria destinazione edificatoria del terreno.

6.6. E tutto ciò, anche a voler trascurare che un’ottica conservativa così avanzata, quale quella sottintesa dalle eccezioni attoree, contrasta con il principio, che è naturale, prima ancora che generale, che esprime la tendenziale e costante modificabilità dell’assetto urbanistico del territorio, a sua volta conseguente alla conformazione del relativo potere dell’autorità comunale, che deve essere sempre posta in condizione di aggiornare le previsioni urbanistiche rispetto ai continui cambiamenti che lo sviluppo della comunità di riferimento imprime al paesaggio ed all’ambiente oggetto di governo.

  1. Il secondo motivo d’appello contesta il travisamento dei presupposti nel quale sarebbe incorsa l’amministrazione appellata, e, con essa, la decisione di primo grado.

Secondo la parte appellante, l’intervento di cui si discute, il Ne23, avendo ad oggetto un terreno intercluso all’interno della struttura urbana, avrebbe dovuto configurarsi quale operazione su lotto di completamento, che, come tale, manteneva le potenzialità edificatorie già ivi impresse.

L’originaria classificazione, oltre ad essere coerente con la conformazione urbanistica dell’area, secondo la doglianza aveva da essere conservata anche in ragione di quanto previsto al punto 5 della Delibera di Giunta n.187 del 26 maggio del 2016, che salvaguardava la classificazione “Ne” per le aree intercluse all’interno della struttura urbana. Destinandola a verde pubblico, pertanto, l’amministrazione avrebbe disatteso anche quest’ultima previsione.

7.1. Il motivo è infondato per due ragioni, la prima delle quali è che l’area interessata, essendo solo parzialmente interclusa, come riconosciuto dalla stessa parte appellante, che la definisce “quasi totalmente interclusa”, non rientrava nella previsione di cui al punto 5 della citata Delibera di Giunta.

Infatti, come correttamente rilevato dal primo giudice il terreno de quo è situato tra la Cascina Polaresco ed altri edifici, confinanti sul lato nord, ed il complesso ospedaliero sul lato sud; tuttavia ad est e ad ovest dell’area esistono aree libere, eccezion fatta per la “Circonvallazione Leuceriano” che tuttavia, essendo un’infrastruttura viaria, e non un edificio, non interrompe la linea del continuum verde presente nell’area sulla traiettoria est ovest.

Dunque l’amministrazione, con una scelta tecnico- discrezionale, insindacabile in questa sede, e che, comunque, non appare manifestamente irragionevole, ha optato per la creazione di una discontinuità tra aree sature, realizzando un corridoio verde sulla direttrice est-ovest, piuttosto che consolidare l’urbanizzazione dell’intera area, come pure avrebbe potuto, corrispondendo alla destinazione che si trovava sulla diversa direttrice nord/sud del terreno.

Scelta, quest’ultima, che tuttavia, diversamente da quanto ritenuto dalla doglianza in esame, non si presentava come obbligata, come detto non sussistendo i presupposti di cui alla Delibera di Giunta n.187 del 2016.

7.2. La seconda ragione che palesa l’infondatezza del motivo in esame si evince dalle considerazioni che hanno indotto l’amministrazione a non confermare l’originaria destinazione edificatoria del sito e che appaiono tutte, allo stesso tempo, ragionevoli e fondate.

A parte la sopravvenienza data dall’approvazione della variante, infatti, è stato nel frattempo approvato il Piano territoriale regionale di coordinamento con la delibera n.411 del 19 dicembre del 2018, efficace dal 13 marzo del 2019, rispetto al quale, essendo lo stesso ispirato alla riduzione del consumo di suolo, l’originaria destinazione era distonica. A tacer d’altro, rispetto al PTR – da integrare ai sensi di quanto previsto dalla L.R. n.31/2014 – il lotto aveva una superficie troppo ampia, (circa 15.000 mq.) per rientrare nella nozione di lotto di completamento, interno alla superficie urbanizzata.

Inoltre: a) sull’area insistono vincoli territoriali che pure ostano al riconoscimento dell’edificabilità: derivanti, a nord, dalla fascia di rispetto ferroviaria, ad est da quella stradale; b) lungo il lato sud, vi sono vincoli di inedificabilità connessi alla prossimità della rete idrico-consortile; c) lo studio paesistico di dettaglio, allegato al PGT vigente, inserisce l’area in questione nella classe di sensibilità Alta, oltre a qualificarla, quale area agricola nello stato di fatto, ai sensi dell’art.43 della Legge regionale n.12/2005. Soprattutto quest’ultimo ambito, giuste le previsioni dell’elaborato cartografico del Piano delle Regole (PR 12 –Carta del consumo di suolo), e, per l’appunto, in attuazione della l. regionale n.31/2014, è escluso dal tessuto urbano consolidato, sia in ragione del valore agricolo ambientale che possiede, e sia per il ricordato ruolo di raccordo verde sulla direttrice est ovest che svolge, funzione che consente di valorizzare le aree, parimenti non edificate, che sono circostanti quell’orbita e che sono così messe in collegamento tra loro.

  1. Il quarto motivo d’appello contesta l’illogicità, in sé, delle suddette scelte dell’amministrazione.

Sostiene la parte appellante che la previsione urbanistica impugnata ha eliminato in radice la possibilità di dotare il quartiere, e l’intero ambito territoriale, di infrastrutture che presentavano un indubbio interesse pubblico, quale il collegamento col nuovo polo ospedaliero e con il parco pubblico della “Trucca”.

A tal proposito la parte appellante evidenzia che col piano attuativo proposto aveva previsto un collegamento ciclopedonale di raccordo tra il quartiere di Longuelo, il polo ospedaliero ed il Parco. Anche per questa ragione, il mutamento impresso al regime dell’area avrebbe dovuto dare contezza del perché ella diversa scelta, oltre a proporre una soluzione alternativa per ovviare ai problemi infrastrutturali che da decenni affliggono il contesto territoriale di riferimento. Motivazioni e possibili rimedi alternativi che l’atto impugnato non ha affatto contemplato.

8.1. Il motivo è infondato per più di una ragione, la prima delle quali risiede nella constatazione che gli argomenti addotti in tal caso, come condivisibilmente rilevato dal primo giudice, corrispondono, in larghissima parte, a quelli posti a fondamento dell’originario preliminare di piano che è stato bocciato dall’amministrazione per le ragioni passate in rassegna ai precedenti paragrafi, le quali, come detto, risultano immuni, ad un sindacato intrinseco di legittimità, da vizi nell’esercizio della discrezionalità amministrativa.

8.2. In secondo luogo, come anche già osservato al paragrafo precedente, anche a voler ritenere che la scelta adottata abbia sacrificato interessi pubblici, è evidente che detto effetto sarebbe compensato – nell’ambito di determinazioni legittimamente emesse (e di valutazioni opportunamente esperite) dalla parte appellata – dal perseguimento di altri interessi pubblici, evidentemente ritenuti prevalenti, perché connessi a ragioni di tutela ambientale e paesaggistica del sito, che, oltre tutto in attuazione di precise scelte del legislatore (attraverso la legge regionale n.31 del 2014) e dell’amministrazione regionali (attraverso il nuovo piano territoriale di coordinamento), suggerivano di contenere e/o ridurre il consumo di suolo

8.3. Infine, l’obiezione è infondata, alla luce di quanto emerge dalla relazione tecnica che accompagna la variante che dimostra come la determinazione gravata sia stata preceduta da un’adeguata istruttoria idonea a giustificare il merito delle relative scelte.

8.3.1. Dalla suddetta relazione, infatti, si desume che, per la ridefinizione della destinazione urbanistica degli interventi di nuova edificazione a volumetria definita: a) sono state puntualmente valutate le prestazioni pubbliche attese dai singoli interventi, allo scopo di individuare le azioni necessarie per garantire la complessiva sostenibilità delle previsioni del Piano dei Servizi; b) è stata quantificata la riduzione delle volumetrie complessive assegnate dal PGT, ed il conseguente contenimento dei pesi insediativi e del consumo di suolo; c) in particolare, per quanto riguarda le previsioni di nuovi percorsi ciclopedonali nelle NE, la loro realizzazione è stata valutata in rapporto ai percorsi ciclopedonali esistenti, predisponendo un apposito “Biciplan: Piano comunale strategico per la mobilità ciclistica”, approvato con delibera della Giunta Comunale n.267 reg. G.C. dell’11 giugno del 2015 che ne prevede programmazione e realizzazione, mediante inserimento nel piano triennale delle opere pubbliche.

8.3.2. I relativi tracciati – che fanno parte del sistema della mobilità sostenibile del piano dei servizi – sono stati individuati in un apposito elaborato PS4, al fine di garantirne la continuità, il coordinamento e le possibilità performative.

8.3.3. Tra i collegamenti ciclo-pedonali previsti, come si può evincere dagli estratti degli elaborati cartografici depositati in atti, vi è anche quello che garantisce la connessione tra il quartiere di Longuelo ed il Polo Ospedaliero, ossia quello della cui mancanza si duole l’obiezione in esame, che potrà essere realizzato tramite inserimento nel Piano triennale delle opere pubbliche. Il che esclude che detta ultima previsione, ed il relativo interesse pubblico che la connota, siano stati pretermesso, o anche solo sottovalutati, in ragione delle nuove scelte conformative del territorio adottate dalla parte appellata.

  1. Il quinto motivo di appello contesta il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

In particolare la parte appellante eccepisce che le osservazioni pervenute aventi ad oggetto la variante generale, avrebbero dovuto essere puntualmente esaminate dall’autorità procedente, nell’ambito del procedimento di approvazione, la quale avrebbe dovuto altresì articolare le relative controdeduzioni; che il suddetto obbligo, in particolare, incombeva su ciascuno dei consiglieri comunali.

Poiché tutto ciò non sarebbe avvenuto nel caso di specie, ne deriverebbe l’illegittimità della determinazione impugnata per vizio nel procedimento formativo della volontà dell’amministrazione.

9.1. Il motivo è infondato.

Infatti, in seno alla Terza Commissione Consiliare, ufficio al quale erano devolute le competenze istruttorie in merito, le osservazioni espresse sulla variante risultano essere state approfonditamente valutate, dividendole per tipologia.

Inoltre, al momento della discussione consiliare, i consiglieri hanno votato singolarmente, a richiesta del consesso, le singole osservazioni.

Solo all’esito di questo procedimento – che, come si vede, ha consentito di rispettare le forme partecipative e procedimentali che la doglianza ritiene invece violate – si è proceduto a mettere in votazione la delibera nel suo insieme.

Il che dequota, in fatto, la relativa eccezione.

9.2. Del resto, le osservazioni presentate nel corso del procedimento di approvazione della variante urbanistica, in questo senso in modo esattamente simmetrico a quelle proposte, nel procedimento amministrativo, ai sensi dell’art.10 della L. n.241/1990, presentano un rilievo meramente collaborativo, non incidendo – salvo che l’amministrazione non ritenga di condividerle – sulla determinazione finale adottata.

Di tal che è sufficiente, onde rispettare le suddette prerogative procedurali, che l’amministrazione dia conto del loro pervenimento e del loro contenuto, incombenti che sono stati entrambi adempiuti nel caso di specie, con definitiva irrilevanza, anche in diritto, del motivo per come articolato.

  1. Questi motivi inducono al rigetto del gravame.

Conformemente a quanto ritenuto dal primo giudice, le spese di lite vanno compensate in ragione della complessità della causa, a sua volta derivante dalle difficoltà interpretative connesse alla regolazione del periodo di passaggio tra due regimi urbanistici che, per quanto riguarda l’area in proprietà della parte appellante, erano significativamente diversi fra loro.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2025 con l’intervento dei magistrati:

Davide Ponte, Presidente FF

Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore

Carmelina Addesso, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere

Massimo Santini, Consigliere

L’ESTENSORE

Sergio Zeuli

IL PRESIDENTE

Davide Ponte

IL SEGRETARIO