TAR LAZIO, ROMA SEZ. I Quater, 13 maggio 2025, n. 9151, Sull’illegittimità dell’art. 5 del reg. per la gestione del casellario informatico (delib. Anac. n. 272/2023), che ha trasformato il casellario in una sorta di “bacheca” E’ illegittimo il regolamento per la gestione del casellario informatico dei contratti pubblici adottato con la delibera Anac. n. 272/2023 nella parte in cui non prevede: – la possibilità per l’operatore economico di presentare entro un congruo termine memorie e documenti e di chiedere l’audizione; – la valutazione del materiale istruttorio raccolto; – l’adozione di una motivata decisione finale di archiviazione o di inserimento della notizia nel casellario. La formulazione dell’art. 5 del cit. regolamento relega, infatti, all’Anac un compito di mera “trascrizione” nel casellario informatico dei contratti pubblici delle segnalazioni pervenute dalle stazioni appaltanti, del cui contenuto queste sarebbero integralmente responsabili, trasformandolo in una sorta di “bacheca” a disposizione delle pubbliche amministrazioni per l’affissione di notizie di cui la stessa dovrebbe preventivamente definire, tramite il regolamento, solo le regole.
09151/2025 REG.PROV.COLL.
12978/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12978 del 2024, proposto da
Neocos S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Daleffe, Luca Griselli e Marco Salina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Busto Arsizio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Antonietta Carra e Michela Beretta, con domicilio eletto presso lo studio Maria Antonietta Carra in Busto Arsizio, via Fratelli D’Italia 12;
nei confronti
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
– dell’annotazione A.n.a.c. iscritta nell’area B del casellario informatico ai sensi dell’art. 222, co.10, del d.lgs. n. 36/2023 e ai sensi degli artt. 5 e 11 del Regolamento per la gestione del casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cui alla delibera n. 272 del 20 giugno 2023, riportante la segnalazione del Comune di Busto Arsizio relativa alla risoluzione del contratto di appalto per la progettazione definitiva/esecutiva ed esecuzione dei lavori di recupero dell’area vincolata ex d.lgs. 42/2004 da destinare a funzioni pubbliche presso l’area denominata “ex calzaturificio Borri” – CIG A00E4E32F2”, mai comunicata alla ricorrente;
– della segnalazione che il Comune di Busto Arsizio ha trasmesso all’A.n.a.c. mediante compilazione del “Modello C – Comunicazione delle notizie rilevanti ai sensi dell’articolo 222 comma 10 del Decreto legislativo 31 marzo 2023 n.36 recante codice dei contratti pubblici”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale, ancorché non conosciuto, nonché per la declaratoria di illegittimità e conseguente annullamento e/o la disapplicazione del “Regolamento per la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai sensi dell’art. 222, comma 10, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36”, adottato con delibera n. 272 del 20 giugno 2023, nelle parti che verranno di seguito specificate.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, del Comune di Busto Arsizio e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 aprile 2025 il dott. Dario Aragno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
- La Neocos S.r.l. premette di essersi aggiudicata la procedura di gara aperta per l’affidamento dell’appalto integrato per la progettazione definitiva/esecutiva ed esecuzione dei lavori recupero di area vincolata ex d.lgs 42/2004 da destinare a funzioni pubbliche presso l’area denominata “ex Calzaturificio Borri” (CIG A00E4E32F2), parzialmente finanziato con fondi PNRR, bandita dal Comune di Busto Arsizio, con il quale in data 26 giugno 2024 è stato sottoscritto il contratto (rep.) n. 17/2024.
La Neocos S.r.l. aveva indicato, già in fase di gara, come materiale esecutore della parte progettuale, un raggruppamento di professionisti (RTP) composto dal Consorzio 3AS, dallo Studio Bini Engineering s.r.l. e dallo Studio Dinamiche Ingegneria s.r.l.
1.1. Ad avviso della ricorrente, la tempistica per la realizzazione del progetto si sarebbe dilatata a causa delle gravi lacune del Piano di fattibilità tecnico-economica (PFTE) posto a base di gara, emerse solo in corso di esecuzione, quali:
– la mancata indicazione di locali interrati e manufatti storici, per i quali si è resa necessaria l’acquisizione del parere della Soprintendenza, che il Comune di Busto Arsizio avrebbe dovuto invece interpellare prima di indire la gara, «[c]osì violando le disposizioni imperative dell’art.41 e dell’Allegato I.7 al D.Lgs 36/23, nonché le “Linee guida per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica da porre a base dell’affidamento di contratti pubblici di lavori del PNRR e del PNC”, predisposte da MIMS e Consiglio Superiore dei ll.pp. ai sensi dell’art.48 co.5 D.L. 77/21 quale condizione per l’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione dei lavori»;
– uno scostamento dimensionale di circa il 10-15% della superficie indicata nel progetto rispetto allo stato di fatto;
– l’inadeguata valorizzazione delle interferenze derivanti dalla contemporanea insistenza, sulla medesima area, di altri lavori.
1.2. Il Comune di Busto Arsizio ha, tuttavia, in data 1° agosto 2024, contestato alla Neocos il grave inadempimento alle obbligazioni assunte, manifestando l’intenzione di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista dall’art. 26 del capitolato speciale d’appalto in ragione dell’imminente scadenza del termine perentorio di 110 giorni naturali e non consecutivi per la consegna del progetto definitivo/esecutivo (coincidente con il 17 agosto 2024) e, dopo aver acquisito e valutato negativamente le osservazioni da questa presentate, ha effettivamente disposto, con determinazione dirigenziale n. 1194 del 5 settembre 2024, la risoluzione unilaterale del contratto n. 17/2024. Il committente ha altresì trasmesso all’A.n.a.c., in data 26 settembre 2024, ai fini della “Comunicazione delle notizie rilevanti ai sensi dell’articolo 222, comma 10, del Decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, recante codice dei contratti pubblici” e, quindi, dell’inserimento della notizia nel casellario informatico dei contratti pubblici, il modello “C”, recante sia le valutazioni della stazione appaltante sia una sintesi della posizione dell’appaltatore.
1.3. A seguito della segnalazione, la Neocos espone di non aver ricevuto più alcuna comunicazione, apprendendo solo in occasione di una casuale consultazione del casellario informatico in data 29 novembre 2024 della presenza dell’annotazione, effettuata il 31 ottobre 2024, che dà pubblicità alla risoluzione del contratto per «grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni, ovvero, per violazione dei termini perentori previsti dal contratto per la progettazione definitiva/esecutiva, pregiudicando così la prosecuzione dell’appalto» e alla tesi della stazione appaltante che «le colpevoli e gravissime carenze e i conseguenti ritardi accumulati dalla Società [abbiano] posto di fatto in dubbio la realizzazione dell’intero progetto nei termini previsti dal PNRR».
- Avverso l’annotazione la Neocos S.r.l. è insorta dinanzi a questo T.a.r., chiedendone, previa sospensione in via cautelare, l’annullamento, sulla base di 3 motivi in diritto.
2.1. Con il primo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 6 della C.E.D.U., degli artt. 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (di seguito anche “C.D.F.U.E.”), degli artt. 215, 216 e 222 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, e del principio del contraddittorio, nonché l’eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, violazione dei principi di legalità, tipicità e proporzionalità, carenza dei presupposti di fatto, illogicità e ingiustizia manifesta, in quanto l’A.n.a.c. non si sarebbe accorta della manifesta infondatezza della segnalazione, derivante:
– dall’imputabilità dell’eventuale inadempimento ad un diverso operatore economico, cioè ai progettisti indicati in fase di gara;
– dalla mancata costituzione da parte del Comune di Busto Arsizio, prima della risoluzione contrattuale, del collegio consultivo tecnico, ancorché obbligatorio per gli appalti di lavori di importo superiore alle soglie comunitarie, in violazione degli artt. 215, co. 1, e 216, co. 2, del d.lgs. 36/2023;
– dalle carenze del PFTE e dall’arbitraria decisione del committente di risolvere il contratto «prima ancora che fosse decorso il termine complessivo (di 110 giorni) per la progettazione previsto dal Capitolato [e] sul (falso) presupposto dell’impossibilità di rispettare la scadenza dei finanziamento PNRR (marzo 2026), nonostante a quella scadenza mancasse oltre un anno e mezzo e nonostante l’Impresa avesse chiarito in tutte le sedi (da ultimo anche nelle più volte richiamate controdeduzioni; ns. doc.4) che, con una contrazione delle tempistiche di esecuzione di lavori, l’imprevisto allungamento di quelle progettuali sarebbe stato recuperato e così la scadenza PNRR sarebbe stata rispettata», che dissimulerebbe la volontà di sottrarsi al vincolo contrattuale con la più “comoda” risoluzione contrattuale in luogo del recesso e della connessa assunzione di responsabilità e delle relative obbligazioni indennitarie.
L’omessa valutazione della “manifesta infondatezza” della segnalazione disvelerebbe, secondo la ricorrente, l’illegittimità del nuovo regolamento per la gestione del casellario informatico, adottato dall’A.n.a.c. con la delibera n. 272 del 20 giugno 2023 (di seguito anche solo “regolamento”), «laddove ha eliminato ogni vaglio dell’ANAC sulla segnalazione ricevuta dalla stazione appaltante, nonché ogni forma di contraddittorio con il privato, sacrifica[ndo] le prerogative del privato… ma anche quelle dell’Autorità, che viene relegata a mero esecutore del trasferimento materiale (copia-incolla) sul proprio Casellario della segnalazione ricevuta» e attribuendo alla stazione appaltante un potere di iscrizione nel casellario informatico non previsto da alcuna norma di legge, in violazione del principio di legalità e tipicità dei provvedimenti amministrativi, nonché di imparzialità dell’azione amministrativa, a causa della scomparsa della funzione di “filtro” dell’Autorità e di un contraddittorio preventivo con l’operatore economico.
2.2. Tali ultimi aspetti sono stati approfonditi nel secondo motivo di ricorso, con il quale viene espressamente impugnato il regolamento per aver «stralciato tutta la fase procedimentale di confronto con il privato, ossia la comunicazione di avvio del procedimento (previgente art.13), la partecipazione all’istruttoria (previgente art.14), la possibilità di richiedere l’audizione (previgente art.15), l’onere di motivare il provvedimento finale “da(ndo) contezza di aver preso in considerazione tutti i rilievi formulati dai soggetti interessati” (previgente art.17), la prevista “Archiviazione” nel caso di manifesta inadeguatezza ovvero di inconferenza della segnalazione (previgente art.18)».
Le descritte criticità sarebbero state, tra l’altro, già intercettate da questo T.a.r., sia pure incidentalmente, nell’ordinanza cautelare del 21 febbraio 2024, n. 3537, e ridonderebbero in una palese violazione dell’art. 41 della C.D.F.U.E., secondo cui «il diritto ad una buona amministrazione comprende… il diritto di ogni persona di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio», dei principi enunciati dalla giurisprudenza europea ed, accedendo alla tesi della natura sanzionatoria dell’annotazione, dell’art. 7 della C.E.D.U. e dell’art. 47 della C.D.F.U.E.
L’attuale formulazione dell’art. 222, co. 10, del d.lgs. 36/2023, non autorizzerebbe, in ogni caso, l’avvenuta traslazione del potere valutativo dall’A.n.a.c. alle stazioni appaltanti, compiuta con l’art. 5, co. 3, del regolamento, che, rimettendo a queste ultime la responsabilità della veridicità e dell’aggiornamento delle informazioni inserite nel casellario, “spoglierebbe” la prima «della funzione di acquisizione e valutazione indipendente delle posizioni delle parti», esponendo l’impresa segnalata «allo stigma che inevitabilmente discende dall’annotazione medesima, unilateralmente imposta dalla SA», senza che ciò sia giustificato dalla natura vincolata del provvedimento ex art. 21-octies della l. 7 agosto 1990, n. 241.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso, la Neocos prospetta la violazione dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 3 della l. 241/1990 e del principio del contraddittorio, nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà intrinseca e per la violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, in quanto l’A.n.a.c. non avrebbe trascritto nel testo dell’annotazione le contestazioni mosse dall’impresa alla stazione appaltante e riportate dal Comune di Busto Arsizio, sia pure in maniera «embrionale», nel modello “C” trasmesso all’Autorità, così offrendo una versione parziale degli accadimenti, in contrasto con il dovere di completezza delle notizie iscritte nel casellario e dell’obbligo di motivazione sull’utilità dell’annotazione, previsto dall’art. 17, co. 2, del previgente regolamento, adottato con delibera n. 861 del 2 ottobre 2019.
- Il Comune di Busto Arsizio si è costituito con memoria di stile in data 9 dicembre 2024, depositando, tra l’11 e il 12 dicembre 2024, tutta la corrispondenza intercorsa con la Neocos prima della risoluzione contrattuale.
- L’A.n.a.c. e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si sono formalmente costituiti in data 13 dicembre 2024.
- Il Comune di Busto Arsizio ha depositato memoria difensiva in data 14 dicembre 2024, con la quale, dopo aver ripercorso l’origine della progettualità ed evidenziato le improrogabili scadenze e le milestone previste dalla convenzione stipulata con il Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili per l’accesso ai fondi PNRR, si sofferma, innanzitutto, sui ritardi nei quali sarebbe incorsa la Neocos S.r.l., sulle carenze dei progetti più volte presentati, sui rilievi della Soprintendenza e sugli sforzi compiuti per salvare il rapporto contrattuale, testimoniati soprattutto dai numerosi incontri tenutisi con i progettisti; in secondo luogo, eccepisce che le asserite «serrate» e «utopistiche» tempistiche per la realizzazione del progetto erano note alla ricorrente già in fase di gara, che i presunti vizi del PFTE sono stati rappresentati solo 150 giorni dopo l’inizio dell’esecuzione contrattuale e che non vi è prova di alcun utilizzo “abnorme” del potere di risoluzione contrattuale, invero giustificato dalla diretta imputabilità dell’operato dei progettisti, in qualità di “ausiliari”, alla Neocos, dall’ostruzionismo da questa attuato ai fini della costituzione del collegio consultivo tecnico (non avendo mai nominato il componente di sua competenza) e dalla pretestuosità delle (comunque tardive) accuse dalla stessa mosse al PFTE e alla stazione appaltante, che, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, «non può trarre alcun vantaggio dalla risoluzione del contratto, una su tutte la perdita del finanziamento PNRR per la realizzazione dell’opera che prevedeva, per poter essere erogato, l’ultimazione dei lavori alla data del 31.03.2026».
- In pari data ha depositato memoria anche l’A.n.a.c., che ha, preliminarmente, eccepito sia l’irricevibilità del ricorso, in quanto notificato il 2 dicembre 2024, oltre 60 giorni dopo la conoscenza dell’atto lesivo, cioè la segnalazione trasmessa dal Comune di Busto Arsizio in data 26 settembre 2024, sia il difetto di legittimazione passiva, proprio in ragione del contestato art. 5, co. 3, del regolamento, che avrebbe demandato la responsabilità dell’inserimento delle notizie rilevanti nel casellario informatico alle stazioni appaltanti; nel merito, ha dedotto di aver comunque «effettuato una valutazione di attendibilità dei fatti segnalati» e, quindi, della non manifesta infondatezza della segnalazione, alla luce delle previsioni del regolamento contrattuale e del capitolato speciale d’appalto, e difeso la legittimità della scelta attuata con il nuovo regolamento di “eliminare” la necessità di un procedimento amministrativo prima dell’annotazione, che, oltre ad essere già stata avallata da questo T.a.r. nella sentenza del 22 gennaio 2024, n. 1110, sarebbe coerente con l’intrapreso processo di digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici, che «presuppo[rrebbe] l’uso di dati nativi digitali e la disponibilità in tempo reale dei dati e delle informazioni, oltre alla semplificazione e razionalizzazione dei processi» e restituirebbe al casellario informatico dei contratti pubblici l’originaria funzione di pubblicità-notizia, da cui «il difetto di qualsivoglia interesse partecipativo di tipo procedimentale».
- Alla camera di consiglio del 17 dicembre 2024, la causa è stata trattenuta in decisione ai fini dell’esame della domanda cautelare.
- Con ordinanza del 19 dicembre 2024, n. 5850, questo T.a.r. ha accolto l’istanza di sospensiva, con contestuale ordine di oscuramento dell’annotazione, ritenendo che:
- «possano essere prima facie condivisi i rilievi formulati dalla ricorrente e disattese, per le medesime ragioni, le eccezioni di tardività del ricorso e di difetto di legittimazione passiva sollevate dall’A.n.a.c., alla luce dei dubbi sulla legittimità dell’impostazione accolta dal Regolamento n. 272/2023 già espressi da questa Sezione, sia pure incidentalmente, in occasione dell’esame di altri ricorsi, in cui la domanda cautelare è stata concessa per questioni di diritto intertemporale (ordinanze 11 dicembre 2023, n. 8127; 22 dicembre 2023, n. 8360; 15 gennaio 2024, n. 126; 17 gennaio 2024, n. 141)»;
- «la formulazione dell’art. 222, co. 10, d.lgs. 36/2023 e l’intrapreso processo di digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici, evocato dalla difesa erariale a giustificazione della scelta effettuata e qui contestata, non implichino senz’altro l’allocazione in capo alle stazioni appaltanti del potere di annotazione, che appare, invero, la necessaria propaggine della funzione di vigilanza dello speciale settore dei contratti pubblici intestata all’Autorità, alla quale accede anche il compito di controllare, mediante un adeguato filtro procedimentale e il riconoscimento a favore del privato del diritto al contraddittorio e alla fruizione delle garanzie partecipative, le informazioni che circolano all’interno di tale mercato, comunque pregiudizievoli per gli operatori economici segnalati (TAR Roma, I-Q, 28 novembre 2024, n. 21445)».
- In vista dell’udienza pubblica del 1° aprile 2025:
– la Neocos S.r.l. ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a., al fine di dare atto dell’avvenuta instaurazione del giudizio civile avverso la risoluzione dinanzi al Tribunale di Milano con prima udienza fissata per il 13 maggio 2025 e di prendere posizione sia sulle eccezioni in rito sollevate dall’A.n.a.c., a confutazione delle quali richiama le censure articolate nell’atto introduttivo avverso il regolamento (che, ove accolte, destituirebbero di fondamento tanto quella di irricevibilità del ricorso quanto quella di carenza di legittimazione passiva dell’A.n.a.c.), sia su quelle nel merito della risoluzione avanzate dal Comune di Busto Arsizio, riportandosi ai contenuti dell’atto di citazione depositato in giudizio;
– il Comune di Busto Arsizio ha depositato memoria di replica, con la quale anticipa che si opporrà alle richieste della Neocos dinanzi al Tribunale di Milano e insiste sulla correttezza del comportamento tenuto con la segnalazione della risoluzione contrattuale all’A.n.a.c., che sarebbe un atto dovuto, a prescindere dalla legittimità o meno delle disposizioni del regolamento in questa sede in discussione.
- All’udienza pubblica del 1° aprile 2025, la causa è passata in decisione.
- Il ricorso è fondato per le medesime ragioni già sinteticamente indicate nell’ordinanza cautelare n. 5850/2024, che supportano sia l’accoglimento dei motivi di doglianza formulati dalla Neocos S.r.l. sia il rigetto delle eccezioni in rito sull’irricevibilità del ricorso e sul difetto di legittimazione passiva dell’A.n.a.c. Queste ultime riposano sul presupposto della legittimità delle soluzioni adottate con il nuovo regolamento, che, invece, ad avviso di questo Collegio, sono proprio quelle che presentano i maggiori profili di criticità.
- Non si rinvengono, infatti, nell’art. 222, co. 10, del d.lgs. 36/2023 elementi testuali che inducano a decampare dalle conclusioni alle quali questo Tribunale è giunto a proposito della previgente norma definitoria del potere di annotazione dell’A.n.a.c., costituita dall’art. 213, co. 10, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
L’art. 222, co. 10, del d.lgs. 36/2023 ‒ sul quale è intervenuto il d.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, sopprimendo il riferimento alle informazioni «rilevanti per l’attribuzione della reputazione dell’impresa di cui all’articolo 109» ‒ prevede, nella versione ratione temporis applicabile, che «[è] istituito presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici il casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Nel casellario sono annotate, secondo le modalità individuate dall’ANAC, con proprio provvedimento, le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall’articolo 94. L’ANAC, nel medesimo provvedimento, individua le ulteriori informazioni da iscrivere nel casellario, ivi comprese quelle rilevanti per l’attribuzione della reputazione dell’impresa di cui all’articolo 109, o per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione di cui all’articolo 103, nonché la durata delle iscrizioni e la modalità di archiviazione delle stesse. Nel casellario l’ANAC iscrive direttamente i provvedimenti interdittivi adottati ai sensi dell’articolo 94, comma 5, lettere e) e f)».
Nel casellario devono essere iscritti, quindi, oltre a quei fatti che hanno dato luogo ad una causa di esclusione automatica ai sensi dell’art. 94 del d.lgs. 36/2023, anche le «ulteriori informazioni» individuate dall’A.n.a.c. con proprio provvedimento.
Chi sia il soggetto che procede all’iscrizione è chiarito dall’ultimo inciso, secondo cui «l’ANAC iscrive direttamente i provvedimenti interdittivi adottati ai sensi dell’articolo 94, comma 5, lettere e) e f)», da cui si inferisce che l’Autorità inserisce, per espressa volontà del legislatore, i casi di «false dichiarazioni o falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti» [art. 94, co. 5, lett. e)] e di «false dichiarazioni o falsa documentazione ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione» [art. 94, co. 5, lett. f)], e che, negli altri casi, l’iscrizione non è automatica, senza, tuttavia, che muti il soggetto preposto ad effettuare l’inserimento.
Il soggetto pubblico titolare del potere di disporre l’iscrizione nel casellario è, pertanto, sempre l’A.n.a.c.
Ancorché l’art. 222, co. 10, del d.lgs. 36/2023 non riproponga il riferimento all’utilità della notizia come criterio informatore dell’attività valutativa dell’A.n.a.c., previsto dall’art. 213, co. 10, del d.lgs. 50/2016, nulla depone per uno stravolgimento del potere di annotazione, che rientra nel novero dei poteri atipici di regolazione dei mercati devoluti alle Autorità amministrative indipendenti, chiamate a qualificare un fatto perché se ne possano trarre le conseguenze previste dalla legislazione di settore.
In proposito, si aderisce, ancora una volta, all’orientamento espresso dal Consiglio di Stato che, quanto al potere della Commissione nazionale per le Società e la Borsa (Consob) ‒ affine a quello di annotazione dell’A.n.a.c. ‒ di attestare che il rapporto tra due società integra la situazione del controllo di fatto ai sensi degli artt. 2359 cod. civ. e 93 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, lo ha classificato alla stregua di un «potere amministrativo di regolazione dichiarativa» la cui «finalità è, sulla falsariga del negozio di accertamento civilistico, quella di eliminare una situazione giuridica di incertezza che, però, in ragione della natura pubblica del soggetto, ha una rilevanza sia individuale sia generale» e la cui valenza «induce ad esprimere un giudizio di minore rigore rispetto alla necessità che sussista una adeguata base legale sostanziale» (Cons. Stato, VI, 14 dicembre 2020, n. 7972).
Nel solco di quest’indirizzo ermeneutico, questo Tribunale ha, pertanto, riconosciuto «l’obbligo, da parte dell’Autorità, di effettuare un accertamento ed una valutazione autonoma della vicenda […] quando la verità dei fatti e la relativa qualificazione e rilevanza giuridica, benché controversa tra le parti, non sia stata stabilita in una sede contenziosa o, comunque, da una autorità imparziale: in tale situazione un accertamento da parte dell’ANAC, sia pure al solo fine di verificare la non manifesta infondatezza della segnalazione pervenuta dalla stazione appaltante, risulta necessario, in ossequio ai canoni di proporzionalità e ragionevolezza, al fine di evitare che notizie prive di fondamento possano essere pubblicate, danneggiando la credibilità di un operatore economico» (sent. 25 giugno 2020, n. 7199), ritenendo a più riprese corretta e condivisibile l’impostazione accolta dal regolamento sulla gestione del casellario adottato con delibera n. 861 del 2 ottobre 2019 e modificato con decisione del Consiglio del 29 luglio 2020 in vigenza del d.lgs. 50/2016, che, all’art. 18, prevedeva l’archiviazione del procedimento in caso di «a) manifesta infondatezza della segnalazione; b) inconferenza della segnalazione» (ex multis, tra le più recenti, sent. 30 aprile 2025, n. 8367; 18 febbraio 2025, n. 3595; 14 febbraio 2025, n. 3355; 9 novembre 2024, n. 19806; 5 novembre 2024, n. 19502; 24 ottobre 2024, n. 18584; 21 ottobre 2024, n. 18180; 18 ottobre 2024, n. 18065).
Sulla scorta di tali premesse la causa del potere di annotazione dell’A.n.a.c. è stata individuata nell’esigenza di «…stabilire, con finalità dichiarativa, se il comportamento dell’operatore economico sotteso alla segnalazione (di una risoluzione, di una sanzione, di un provvedimento di esclusione, etc.) possa costituire un fattore di «rischio» apprezzabile dagli altri committenti pubblici che con lo stesso dovessero, in futuro, contrarre, in quanto indice di inaffidabilità», previo compimento di un’indagine «sia sulla «non implausibilità» della ricostruzione dei fatti operata dalla stazione appaltante – così come risultante dall’insieme degli atti e dei provvedimenti adottati nei confronti dell’operatore economico (esclusioni, risoluzioni, provvedimenti di applicazione delle penali, etc.) alla luce delle controdeduzioni di quest’ultimo e in conformità allo standard probatorio del «più probabile che non» tipico del procedimento amministrativo non sanzionatorio – sia sulla «consistenza» del fatto medesimo quale indice di inaffidabilità dell’impresa» (sent. 28 novembre 2024, n. 21445).
La valutazione dell’utilità e della non manifesta infondatezza della notizia da parte di un soggetto super partes, quale è un’Autorità amministrativa indipendente, è, in definitiva, una condizione ineliminabile perché sia giuridicamente e socialmente accettabile l’attenuazione della capacità di contrarre o della competitività di un operatore economico determinata dalla pubblicità di atti o fatti che ne evidenziano l’inaffidabilità (imputabili a scelte unilaterali dei committenti pubblici con i quali ha avuto pregressi rapporti procedimentali o contrattuali di ricorrere a forme di autotutela pubblicistica o privatistica, come provvedimenti di risoluzione o di applicazione di penalità contrattuali), spesso privi di una preliminare verifica in sede giurisdizionale.
- Quanto al rispetto del contraddittorio, posto che l’inserimento nel casellario genera effetti (non interdittivi ma comunque) negativi per gli operatori economici attinti dall’annotazione e che le segnalazioni provengono da soggetti che hanno fatto uso di poteri autoritativi di disposizione del rapporto procedimentale o contrattuale di cui non è stata preventivamente scrutinata la legittimità da parte di un giudice terzo ed imparziale, l’acquisizione dei contributi procedimentali e del “punto di vista” dell’impresa interessata si pone come una garanzia irrinunciabile per la validità del provvedimento finale.
Anche un’attività amministrativa atipica di accertamento con finalità dichiarativa, come quella sopra tratteggiata, soggiace, infatti, al principio di formazione dialogica del convincimento dell’Autorità che deve decidere, nei termini indicati dall’art. 41 della C.D.F.U.E., secondo il quale «1. Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione. 2. Tale diritto comprende in particolare: a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio…».
Tale esigenza è ancora più avvertita nei casi – come quello in esame – in cui il decisore non è espressione della democrazia rappresentativa e il coinvolgimento dei soggetti interessati nel processo di elaborazione della regola enunciata diviene perciò presupposto fondamentale della sua legittimazione.
Il giudice d’appello ha, in proposito, affermato che «[l]’esercizio di poteri regolatori da parte di Autorità, poste al di fuori della tradizionale tripartizione dei poteri e al di fuori del circuito di responsabilità delineato dall’art. 95 della Costituzione, è giustificato anche in base all’esistenza di un procedimento partecipativo, inteso come strumento della partecipazione dei soggetti interessati sostitutivo della dialettica propria delle strutture rappresentative. In assenza di responsabilità e di soggezione nei confronti del Governo, l’indipendenza e neutralità delle Autorità può trovare un fondamento dal basso, a condizione che siano assicurative le garanzie del giusto procedimento e che il controllo avvenga poi in sede giurisdizionale. Del resto, non è pensabile che l’attività di regulation venga svolta senza la necessaria partecipazione al procedimento dei soggetti interessati: nei settori regolati dalle Autorità, in assenza di un sistema completo e preciso di regole di comportamento con obblighi e divieti fissati dal legislatore, la caduta del valore della legalità sostanziale deve essere compensata, almeno in parte, con un rafforzamento della legalità procedurale, sottoforma di garanzie del contraddittorio», instaurandosi «una correlazione inversa tra legalità sostanziale e legalità procedurale: quanto meno è garantita la prima, per effetto dell’attribuzione alle Autorità indipendenti di poteri normativi e amministrativi non compiutamente definiti, tanto maggiore è l’esigenza di potenziare le forme di coinvolgimento di tutti i soggetti interessanti nel procedimento finalizzato all’assunzione di decisioni che hanno un impatto così rilevante sull’assetto del mercato e sugli operatori» (Cons. Stato, VI, 20 aprile 2006, n. 2201, nonché 11 aprile 2006, n. 2007).
La partecipazione al procedimento costituisce un presidio di legalità al quale le Autorità amministrative indipendenti devono conformarsi non solo nell’attività diretta all’emanazione di atti normativi o generali ma – a fortiori – anche in quella destinata a sfociare nell’adozione di atti che incidono precipuamente su singoli operatori del mercato.
Anche sotto tale aspetto convincevano le previsioni contenute nella previgente delibera n. 861/2019, il cui titolo I ricalcava il modello istruttorio e partecipativo scolpito nella legge 241/1990 (art. 13 “comunicazione di avvio del procedimento”, art. 14 “partecipazione all’istruttoria”, art. 15 “audizioni”, art. 17 “conclusione del procedimento”) e, soprattutto, la possibilità di presentare, entro 30 giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento, «memorie scritte, documenti, deduzioni e pareri, che sono valutati dall’ufficio ove pertinenti» [art. 14, co. 2, lett. b), analogamente all’art. 10, co. 1, lett. b), della l. 241/1990].
La giurisprudenza amministrativa si è, infatti, più volte espressa per una valorizzazione del dovere dell’A.n.a.c. di tener conto delle osservazioni presentate dall’operatore economico, rimarcando che «l’ANAC [è] tenuta, prima di procedere all’iscrizione nel casellario informatico, a valutare l’utilità della notizia alla luce delle circostanze di fatto esposte dall’operatore economico nella sua memoria, poiché effettivamente incidenti sull’importanza dell’inadempimento (ovvero sulla gravità dell’errore professionale commesso) e, in via indiretta, sull’apprezzamento dell’affidabilità della società da parte delle stazione appaltanti, cui è imposta la consultazione del Casellario, per ogni procedura di gara indetta successivamente all’iscrizione» (Cons. Stato, V, 21 febbraio 2020, n. 1318, e 16 maggio 2024, n. 4359; in primo grado, ex multis, T.a.r. Roma, I-Q, 11 marzo 2025, n. 5145; 28 novembre 2024, n. 21444; 1 agosto 2024, n. 15604; 27 giugno 2024, n. 12966; 12 dicembre 2023, n. 18811).
- La tesi dell’A.n.a.c., dalla quale nasce la formulazione dell’art. 5 del vigente regolamento, relega, invece, alla stessa un compito di mera “trascrizione” nel casellario informatico dei contratti pubblici delle segnalazioni pervenute dalle stazioni appaltanti, del cui contenuto queste sarebbero integralmente responsabili.
Tale soluzione costituirebbe una fase intermedia del processo di integrale digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici, riguardante anche il procedimento di annotazione nel casellario ‒ nel quale l’A.n.a.c. prospetta che, in futuro, le stazioni appaltanti inseriranno direttamente le comunicazioni di notizie rilevanti, senza più alcun ruolo, neanche esecutivo, dell’Autorità ‒ e sarebbe, ad avviso della resistente, coerente con le funzioni di pubblicità-notizia dell’annotazione da sempre riconosciute dalla giurisprudenza amministrativa.
Il progetto dell’A.n.a.c. sembrerebbe, quindi, quello di trasformare il casellario dei contratti pubblici di cui all’art. 222, co. 10, del d.lgs. 36/2023 in una sorta di “bacheca” a disposizione delle pubbliche amministrazioni per l’affissione di notizie di cui la stessa dovrebbe preventivamente definire, tramite il regolamento, solo le regole.
L’assunto non può, però, essere condiviso, perché, come si è detto, da un lato, svuota di fatto le funzioni dell’Autorità, svilendo un potere, quello di annotazione, intestatole direttamente dalla legge e distinto rispetto a quelli di cui dispongono le stazioni appaltanti nelle procedure di affidamento e nella fase esecutiva dei contratti pubblici e, dall’altro, elimina il contraddittorio tra l’operatore economico e il committente prima dell’inserimento dell’annotazione, che è necessariamente propedeutico al corretto esercizio della funzione neutrale di vigilanza e di controllo sui contratti pubblici demandata all’Autorità dall’art. 222, co. 1, del d.lgs. 36/2023.
Il trasferimento delle competenze in materia di annotazione alle stazioni appaltanti non è supportato da alcuna disposizione di fonte primaria, in violazione del principio di legalità (innanzitutto) formale né l’A.n.a.c. può, con un atto regolamentare ed in assenza di una “copertura” da parte della prima, delegarne l’esercizio ad altri soggetti, in quanto, «[p]osto che la predeterminazione normativa della distribuzione dei compiti costituisce una proiezione del principio di legalità, che, ai sensi dell’art. 97 Cost., regola l’agire amministrativo, l’attitudine della delega a modificare la competenza ne giustifica il condizionamento al duplice presupposto della titolarità originaria, in capo al conferente, del potere che ne forma oggetto e dell’espressa previsione e delimitazione ad opera della stessa fonte normativa che attribuisce la competenza a delegare (si veda, sul tema, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 29 novembre 2012, n. 6042)» (Corte cost., sent. 24 giugno 2021, n. 189).
- Quello che, in conclusione, manca nel sistema di annotazione delineato dalla delibera 272/2023 è la formazione di una volontà dell’Autorità procedimentalizzata che si determini per l’inserimento di una segnalazione all’interno del casellario all’esito di una valutazione dei fatti – compiuta sulla base sia della prospettazione della parte pubblica che delle osservazioni di quella privata – che riveli la non manifesta infondatezza della segnalazione e l’utilità dell’annotazione.
La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti, intrapresa dal d.lgs. 36/2023, non può portare alla cancellazione delle garanzie procedimentali ed alla riallocazione di poteri amministrativi dotati di un’autonoma caratura, come quello di annotazione nel casellario, in capo ad altri soggetti. L’automazione dei procedimenti consentita dalle tecnologie informatiche deve avvenire, infatti, preservando le guarentigie costituzionali a tutela delle libertà fondamentali delle persone fisiche e giuridiche, tra le quali il diritto ad un procedimento amministrativo in seno al quale venga garantita la partecipazione degli interessati incisi dal provvedimento, che, come stabilisce l’art. 29, co. 2-bis, della l. 241/1990, attiene «ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione». D’altra parte, è lo stesso codice dei contratti pubblici a pretendere che «le decisioni assunte mediante automazione rispett[i]no i principi di…b) non esclusività della decisione algoritmica, per cui comunque esiste nel processo decisionale un contributo umano capace di controllare, validare ovvero smentire la decisione automatizzata» (art. 30, co. 3, d.lgs. 36/2023), enunciando un principio generale dell’ordinamento che punta a contemperare le esigenze di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, massimizzate dall’utilizzo delle tecnologie informatiche, con il mantenimento della responsabilità della decisione in capo all’organo competente.
Ciò significa che la semplificazione del procedimento di annotazione, soprattutto ai fini di una contrazione dei tempi per la sua definizione, ben potrà sfruttare le opportunità offerte dalla trasformazione digitale del ciclo di vita degli appalti (prevedendo, ad esempio, che lo scambio della corrispondenza, le notifiche e le comunicazioni avvengano mediante piattaforme telematiche), purché sia sempre garantito il diritto di ciascuna parte (pubblica e privata) a contraddire sulle osservazioni dell’altra e ad una decisione imparziale da parte di un’Autorità indipendente, cioè «il sistema della democraticità delle decisioni e della accessibilità dei documenti amministrativi, in cui l’adeguatezza dell’istruttoria si valuta anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire» (Cons. Stato, Ad. Pl., 7 giugno 1999, n. 14).
- In applicazione delle coordinate ermeneutiche sopra definite, il regolamento per la gestione del casellario informatico dei contratti pubblici adottato con la delibera A.n.a.c. n. 272/2023 va dichiarato illegittimo nella parte in cui non prevede:
– la possibilità per l’operatore economico di presentare entro un congruo termine memorie e documenti e di chiedere l’audizione;
– la valutazione del materiale istruttorio raccolto;
– l’adozione di una motivata decisione finale di archiviazione o di inserimento della notizia nel casellario.
L’A.n.a.c. dovrà, pertanto, emendare l’atto regolamentare dai citati vizi mediante interventi correttivi che assicurino la piena operatività dei riferiti strumenti di partecipazione.
- Considerato che, ai fini della trascrizione della segnalazione confezionata dal Comune di Busto Arsizio nel casellario informatico, l’A.n.a.c. non ha compiuto alcuna valutazione della non manifesta infondatezza e dell’utilità dell’annotazione e che l’illegittimità in parte qua della delibera n. 272/2023, quale atto presupposto, travolge gli atti applicativi che a questa si sono conformati, restano assorbite, sia per l’impossibilità di questo giudice di pronunciarsi su poteri amministrativi non ancora esercitati, ai sensi dell’art. 34, co. 2, c.p.a., che per ragioni di economia processuale, tutte le ulteriori censure concernenti i profili di illegittimità dell’annotazione impugnata.
- Tenuto conto della novità e della complessità delle questioni trattate, le spese di giudizio vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara l’illegittimità in parte qua della delibera n. 272 del 20 giugno 2023 dell’A.n.a.c., recante il regolamento per la gestione del casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai sensi dell’art. 222, co. 10, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, e annulla gli atti applicativi impugnati, nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 aprile 2025 con l’intervento dei magistrati:
Orazio Ciliberti, Presidente
Agatino Giuseppe Lanzafame, Referendario
Dario Aragno, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Dario Aragno
IL PRESIDENTE
Orazio Ciliberti
IL SEGRETARIO